Il governo interviene in tackle scivolato nella melina che è diventata il calcio italiano. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, entra a gamba tesa nel braccio di ferro tra Federazione e società sportive, passato dal campo alle aule di giustizia, lanciando un ultimatum a Coni e Federazione: mettete la parola fine alla querelle con una necessaria autoriforma, o il Governo interverrà con un decreto legge d’urgenza per riformare e snellire la giustizia sportiva. “Ho invitato il Coni a promuovere rapidissimamente un’autoriforma del sistema – ha detto ieri Giorgetti in vista della riunione del TFN di oggi -. Credo che entro domani (oggi, ndr) questo tipo di autoriforma sarà manifestata, se questo non si verificherà noi interverremo per via normativa”.
Lo spazio per l’interpretazione è poco, il margine di manovra anche: la Federazione è un organo autonomo, in Governo non può intervenire nel merito del format dei campionati, pena importanti sanzioni UEFA, ma può intervenire sulla competenza della giustizia sportiva in caso di stallo. E Giorgetti ha chiarito che se entro oggi non si troverà una soluzione alla paralisi del calcio italiano, l’esecutivo gialloverde non attenderà oltre. È opportuno un breve riassunto esplicativo di ciò che ha portato alla situazione attuale. E che ha degli importanti retroscena politici, se si pensa che il prossimo 22 ottobre società di calcio, arbitri, allenatori e calciatori dovranno eleggere il nuovo presidente federale.
Nell’estate di Cristiano Ronaldo, il mondo pallonaro tricolore è andato in crisi. Tra fallimenti di società storiche (Bari, Avellino e altre) e una Nazionale Azzurra mai così in basso, tale crisi ha riguardato tutte le serie professionistiche del calcio italiano, con epicentro la serie B e la serie C. Le quali avranno un ruolo determinanti per l’elezione del nuovo presidente della FIGC. A inizio estate il commissario della Federazione Fabrizio Fabbricini ha diramato un comunicato ufficiale che indicava i criteri di ripescaggi in serie B per comporre l’organico a 22 squadre a seguito dei suddetti fallimenti. Ad agosto, però, nessuna delle squadre (Novara, Catania, Pro Vercelli, Ternana, Entella e Siena in pole position), che aveva presentato istanza di ammissione in B è stata ripescata e Lega di B e Federazione hanno di imperio, senza modifica dei regolamenti, trasformato il format della serie Cadetta da 22 a 19 squadre.
“Per spartirsi in meno società la torta dei diritti televisivi” sussurrano i maligni, sempre bene informati. Questo ha dato vita ad una serie infinita di ricorsi che hanno messo in crisi alla stagione calcistica 2018/2019: in attesa delle sentenze, il campionato di B è partito con incombente la spada di Damocle dello stravolgimento dell’attuale format a 19, che potrebbe tornare a 22 come da regolamento federale, mentre metà squadre di C non hanno ancora messo piede in campo da agosto ad oggi. Una situazione surreale che manda in tilt non solo il calcio, ma anche l’economia che lo circonda: in primis i diritti televisivi, ma anche l’indotto legato alle trasferte e al tifo organizzato.
Ad oggi, tra vari colpi di scena, la giustizia sportiva e la giustizia ordinaria non hanno ancora dato una linea chiara sui ricorsi che interessano il calcio italiano. L’unica ad aver acquisito il diritto di tornare in B ad oggi è la Virtus Entella, forte di una sentenza del Tar, ma la FIGC non ne ha ancora preso atto, violando di fatto ancora una volta le NOIF (Norme organizzative interne della Federazione), e ha presentato l’ennesimo ricorso. Oggi si riunisce il TFN (Tribunale Federale nazionale) che dovrebbe dare, forse, un’indicazione sul format della serie B. Se così non fosse, Giorgetti ha annunciato che ci penserà il Governo. Con un intervento forse ai limiti del cartellino rosso, ma che si spera possa essere risolutivo.