Invecchiati, spaventati. Più poveri. Gli italiani fotografati da l 52° Rapporto Censis non se la passando certo benissimo. Una relazione in cui si parla di “sovranismo psichico” e si delinea un Paese in declino, in cerca di sicurezze che non trova, sempre più diviso tra un Sud che si spopola e un Centro-Nord che fatica a mantenere le promesse in materia di lavoro, stabilità, crescita, soprattutto futuro. “Il processo strutturale chiave dell’attuale situazione è l’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”, sintetizza il Censis.
Gli italiani sono profondamente delusi, spiega il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii: “Una prima forte delusione è quella di aver visto sfiorire la ripresa che l’anno scorso e fino all’inizio di quest’anno era stato vigorosa, e che è invece svanita sotto i nostri occhi, con un Pil negativo nel terzo trimestre di quest’anno dopo 14 mesi di crescita consecutiva. L’altra è che l’atteso cambiamento miracoloso promesso dalla politica non c’è stato, oltre la metà degli italiani afferma che non è vero che le cose siano cambiate sul serio”.
Niente più speranze nel futuro. Il 96% delle persone con un basso titolo di studio e l’89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita. Una situazione che aumenta la rabbia, le paure. Quella verso l’immigrazione, vista come fenomeno negativo dal 63% della popolazione. E quella di spendere, con le famiglie sempre meno propense a farlo.
Si investe meno in istruzione, da parte dello Stato (solo il 3,9% del Pil). E i cittadini si ritraggono. Il 18% dei giovani tra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi, quasi il doppio rispetto alla media europea. I laureati italiani tra i 30 e i 34 anni raggiungono il 26,9%, contro una media Ue del 39,9%. E così le speranze si concentrano altrove: la metà della popolazione italiana è convinta che oggi chiunque possa diventare famoso, e il dato sale al 53,3% tra i giovani tra i 18 e i 34 anni. Un terzo ritiene che la popolarità sui social network sia un elemento indispensabile.
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