Un fantasma che non ha mai smesso di aleggiare sulle sorti politiche del Movimento Cinque Stelle, quello di Alessandro Di Battista. Il volto duro e puro di un partito alla ricerca ormai di una nuova identità (e se possibile di altro consenso, visti i recenti sondaggi) pronto a tornare da un momento all’altro sotto i riflettori forte di un’autorevolezza che pochissimi altri esponenti pentastellati possono vantare. E sempre più forte, in un momento in cui i grillini appaiono invece di colpo deboli, con la leadership di Vito Crimi sempre meno convincente.
C’è un’ala, nel Movimento, che a Di Battista ha continuato a guardare in tutti questi mesi, convinta che il figliol prodigo sarebbe prima o poi tornato sui suoi passi. E che ora spinge per una sua candidatura a leader del Movimento, chiedendo la convocazione il prima possibile dei tanto attesi Stati Generali. Anche perché sul percorso dei Cinque Stelle, di qui in avanti, ci sono una serie di appuntamenti elettorali che rischiano di trasformarsi in altrettanti capitomboli, dopo le brutte figure alle europee e alle regionali.
Di Battista, da par suo, al momento continua a giocare a carte copertissime. In una serie di interviste rilasciate in questi giorni non ha mancato di lodare il premier per i risultati ottenuti in Europa con il Recovery Fund, invitandolo a non mollare sul fronte revoca delle concessione autostradali. Ma all’interno del Movimento gli esponenti più vicini a Di Maio vedono già il Dibba contro una mina pronta a far saltare il governo alla prima occasione buona
Di Maio, Crimi, la Taverna, Bonafede, Fraccaro e Patuanelli incarnano così in questo momento quella parte di galassia pentastellata che mette la tenuta dell’esecutivo al primo posto tra gli obiettivi. E che teme un Di Battista pronto a offrire agli elettori un’alternativa: l’allontanamento del Movimento dall’orbita dem per farsi attrarre di nuovo, invece, da quella leghista.
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