La cooperazione tra lavoratori ha registrato e sta ancora registrando un rinnovato interesse a seguito delle numerose crisi delle aziende e dei tassi elevati e crescenti di disoccupazione giovanile, soprattutto intellettuale. Il fenomeno del workers buyout, inteso come l’acquisizione della proprietà e del controllo dell’azienda da parte dei lavoratori si presenta come un fenomeno discretamente diffuso sia nel panorama internazionale che in Italia.
Esso viene visto come una concreta e innovativa modalità secondo cui i lavoratori possono agire nel tentativo di “recuperare” le aziende costrette a chiudere, mantenere il loro posto di lavoro e non disperdere le competenze acquisite durante gli anni di attività lavorativa. Il fenomeno della trasformazione da impresa ordinaria a impresa cooperativa è sempre più attuale e il suo monitoraggio attraverso il presente progetto di ricerca ha permesso di comprendere la portata di questo fenomeno in Italia, le sue recenti evoluzioni, i risultati raggiunti e l’efficienza e sostenibilità delle azioni intraprese, le procedure attivate.
Leggi anche: La lista delle imprese più redditizie, settori delle nuove tecnologie e dei servizi: un modello per le start up
«L’imprenditore non lasciava a nessuno di noi spazio decisionale. L’aiuto e la consulenza di Legacoop è stato un’opportunità per imparare a organizzare e gestire un’impresa, al di là del ruolo tecnico che ciascuno di noi aveva già in azienda» racconta Stefania Ghidoni, vicepresidente di Artlining. È una cooperativa nata a a Calerno, Reggio Emilia, nel 2009, dopo il fallimento della precedente proprietà. Produce interni di cravatte per griffe della moda: Ferragamo, Ermenegildo Zegna, Armani, Gucci, Prada. La fiducia di questi clienti è stato uno dei pilastri su cui 12 lavoratori sono riusciti a ripartire.
«Già durante il concordato, c’eravamo resi conto che il fallimento era inevitabile. Dopo, la curatrice fallimentare capì che c’era ancora un margine per continuare a produrre. Non si trovavano investitori. Così scegliemmo la strada della cooperativa. Per alcuni mesi, l’attività del curatore permise all’attività di non interrompersi (nel nostro settore, sarebbe stata la fi ne di tutto). Il personale fu ridotto, noi sviluppammo un nostro progetto che prevedeva un certo budget e l’impiego di 12 persone. Occorrevano 400mila euro. Ciascuno di noi mise 10mila euro: il riscatto della mobilità anticipata (6.500 euro), il resto lo trattenemmo dalla busta paga, mese dopo mese. Altri 80mila euro li mise il Ccfs (Consorzio finanziario della Legacoop di Reggio Emilia), altri 200mila Coopfond. Questi due soci usciranno dall’azienda».
Artlining ha attraversato un periodo difficile, nei primi mesi. Ma oggi i 12 soci vanno avanti e hanno nuovi progetti: conquistare clienti internazionali e sviluppare linee con tessuti bio.
Da qui, è stato possibile giungere ad affermare come il fenomeno delle workers buy out sia anche in Italia in continua evoluzione e anche negli anni più recenti sono sorte numerose nuove cooperative di lavoro recuperate che rispondono alla crisi e alla chiusura di molte aziende e che presentano tassi di sopravvivenza di lungo periodo prossimi al 50%; organizzazioni presenti in tutta Italia e in numerosi settori di attività.
Leggi anche: Milionari degli Stati Uniti chiedono a Trump di non tagliare le tasse sulle loro imprese