Tutto è iniziato con Easy Joint, una piccola azienda che vendeva in rete infiorescenze di canapa light, perfettamente legali perché contenenti meno dello 0,6% di Thc. Poi sono arrivati gli smartshop, i grow shop – negozi dedicati alla vendita di tutti i derivati della canapa – che hanno iniziato a spuntare come funghi su tutta la penisola. E quindi i tabaccai, in molti dei quali oggi (almeno a Roma) sono disponibili piccoli sacchettini di infiorescenze di canapa italiana, a suggellare la svolta mainstream della nuova cannabis legale.
E c’è anche chi si sta attrezzando per fornire servizi di home delivery: Pony Weed ad esempio, azienda che (sempre a Roma per ora) promette di portare l’erba direttamente a casa del consumatore, come un pony express della marijuana. La cannabis legale, insomma, dilaga: un’autentica mania che non accenna a placarsi, e che non manca di sollevare un certo numero di domande: sarà davvero tutto in regola? È davvero possibile vendere la cannabis anche in tabaccheria? Il consumatore rischia qualcosa acquistandola? Vediamo se è possibile rispondere.
Cannabis light legale
Facciamo un salto indietro di 2 anni, e arriviamo all’anno della svolta. È il 2016, il mondo è cambiato radicalmente rispetto ai decenni precedenti, una nuova attenzione per l’ambiente e l’aumento dei prezzi del petrolio rendono nuovamente appetibile la coltivazione e la lavorazione della canapa.
Troppo appetibile per lasciarci sfuggire l’occasione, e così viene varata una legge, la 242 del 2016, che punta a incentivare nuovamente le coltivazioni: maggiori tutele, regole più semplici e flessibili, possibilità di coltivare senza dover richiedere un’autorizzazione e incentivi statali per la coltivazione e la creazione di impianti di trasformazione.
Una legge richiesta da più parti, che ha rilanciato la produzione italiana di canapa, con l’effetto collaterale di aprire il varco alla cannabis light legale. Tra le pieghe della legge, infatti, gli imprenditori più lungimiranti hanno adocchiato immediatamente la possibilità di commercializzare liberamente le infiorescenze ottenute dalle coltivazioni legali.
La legge 242 in effetti fissa alcune destinazioni d’uso: alimenti e cosmetici, semilavorati per applicazioni industriali, prodotti per la bio-edilizia, e così via. Manca ovviamente alcuna menzione alla possibilità di commercializzare le infiorescenze per uso ricreativo. Ma se un prodotto venduto espressamente per essere fumato violerebbe diverse normative sanitarie, non ci sono invece norme esplicite che vietino la commercializzazione come deodorante per ambienti o articolo da collezione.
È possibile comprare la cannabis in Italia? É davvero legale?
Da qualche giorno in tutta Italia è possibile trovare EasyJoint, la marijuana legale che viene chiamata con il nome di “cannabis light”: quest’ultima, avendo una percentuale di THC minore rispetto a quella dei limiti di legge (in Italia 0,2%), può essere dunque commercializzata.
EasyJoint è confezionata in piccoli contenitori contenti 8 grammi di marijuana e costano 17 euro l’uno. La marijuana legale, lo ricordiamo, presenta bassi contenuti di Thc (la sostanza che altera le percezioni degli assuntori) ed elevati contenuti di Tbc, sostanza legale che sarebbe ritenuta all’origine delle proprietà rilassanti della canapa.
Poniamo l’attenzione sui possibili effetti di una nuova legge in vigore in Italia secondo cui si può coltivare canapa con bassissimo contenuto di thc se il principio attivo non supera lo 0,2%. Un mercato in costante espansione, secondo Paolo Poli, presidente della società scientifica di ricerca sulla cannabis : “Sulla cannabis ci sono troppi pregiudizi”.
Parlano anche Luca Marola e Leonardo Brunzini rispettivamente amministratore e agronomo di Easyjoint, azienda leader in Italia nel settore della marijuana light: “Attualmente con questo mercato abbiamo fatturato sopra il milione e mezzo di euro e questo è solo l’inizio”. Un prodotto che è legale acquistare ma che non può essere utilizzato a fini di consumo per il fumo. Per chi ha scelto questa via, comunque, per ora non sembrano esserci stati particolari problemi. A dover fare attenzione piuttosto potrebbe essere il consumatore: per la legge italiana infatti il consumo di marijuana a scopo ricreativo è infatti vietato ad ogni livello.
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Quante persone in Italia consumano cannabis?
Il numero è stato stimato dall’ammontare di quantità sequestrata, dall’analisi delle acque reflue e mediante sondaggi (il più affidabile rimane l’ultimo). Se si considera la popolazione in generale, l’Istat ha stimato che nel 2013 1 italiano su 10 ne abbia fatto uso nell’ultimo anno, per un totale di 6 milioni di consumatori, ma con elevata variabilità fra le fasce d’età. La domanda si traduce poi in una spesa annua che oscilla tra i 4 e gli 8 miliardi a seconda delle stime sulla frequenza di utilizzo.
Restringendo l’attenzione solo sui più giovani (tra 15 e 34 anni), l’Italia è il secondo paese in Europa per uso di cannabis, con il 19% degli abitanti in questa fascia di età che ne ha fatto uso nell’ultimo anno, e al diminuire dell’età il consumo continua a salire. Tra i 15 e i 19 anni sale al 27% la percentuale di studenti che ha fumato cannabis o suoi derivati nell’ultimo anno.
Un terzo delle 19enni ha provato a “fumare”, e più del 40% dei pari età. Il 4% invece ha affermato di averla fumata più di 20 volte nell’ultimo mese. Se si analizza il consumo nel tempo, tra gli studenti, esso è sceso costantemente dal 1997 fino al 2012 per poi tornare bruscamente, in soli 3 anni, ai livelli del 1997.
L’uso ricreativo della marijuana è legale in alcuni stati
Negli Stati Uniti è arrivata una novità riguardante l’uso medico e ricreativo della cannabis. Cosa è cambiato in merito in alcuni stati? In California è stato legalizzato l’uso della marijuana a scopo ricreativo: i cittadini californiani maggiorenni (dai 21 anni in poi) potranno portare con sé 28,5 grammi di marijuana e coltivare fino a 6 piantine di cannabis per uso personale senza essere per questo perseguibili, e questo accadrà presto anche in Nevada, Maine e Massachusetts.
Sono diventati quattro gli Stati (più un distretto federale) in cui fumare erba è legale anche a scopo ricreativo: Oregon, appunto, Alaska, Washington, Colorado e Washington Dc. Infatti il 20% degli statunitensi vive in uno stato in cui si è votato per legalizzare l’uso ricreativo. Molti di più vivono in stati con forme di accesso terapeutico alla marijuana.
Fuori dagli Usa, il pioniere è l’Uruguay, il primo stato al mondo ad aver pienamente legalizzato la marijuana nel 2013. La vera sorpresa, però, sembra essere rappresentata dalla Corea del Nord. Dal Paese di Kim Jong-un, infatti, sono arrivate alcune testimonianze che parlano di totale assenza di leggi che limitino l’uso di marijuana.
Il freelance Darmon Richter ha dichiarato di aver acquistato una busta di marijuana per l’equivalente di circa 70 centesimi di euro e di averla fumata in pubblico senza che nessuno se ne lamentasse. Secondo Vice news, a Pyongyang e dintorni a consumare droghe leggere sono soprattutto gli appartenenti alle classi più basse: “Dopo un giorno di duro lavoro manuale, è comune per i lavoratori nordcoreani fumare per rilassarsi”. Accanto ai Paesi che accettano o tollerano il consumo a scopo ricreativo, ci sono quelli che l’hanno ammessa sotto prescrizione medica e quelli che l’hanno depenalizzata.
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Sempre più diffuso l’uso terapeutico della marijuana
Marijuana a scopo terapeutico, se ne parla da tanto tempo ma in pochi sanno veramente di cosa si tratta. Molte Regioni in Italia hanno dato il via libera all’uso di farmaci a base di cannabinoidi. In altri Paesi del mondo le ricerche sono avanzate e l’uso terapeutico di questo principio attivo è ormi una realtà. Del resto si tratta solo di autorizzare un farmaco che sfrutti le tante proprietà terapeutiche della Maruijana, certamente non di dare il via libera all’utilizzo di droghe leggere, che sarebbe tutta un’altra faccenda.
Del resto le dosi terapeutiche sono ben lungi dall’avere lo stesso effetto di quella che si assume come droga, quindi non dovrebbe esservi alcuna preoccupazione che la cosa possa sfuggire di mano. Lo scopo è di dare alle persone che ne hanno bisogno la possibilità di sfruttare le proprietà terapeutiche della Cannabis, proprietà che in molti casi possono alleviare i dolori, possono aiutare a combattere alcune anche terribili malattie, possono dare un po’ di sollievo a chi dai farmaci non ottiene più nulla.
Già negli Stati Uniti da anni sono state riconosciute le proprietà antitumorali dei cannabinoidi, ma anche quelle di aiutare a sopportare meglio gli effetti collaterali della chemioterapia. La stessa FDA, acronimo della terminologia inglese Food and Drug Administration, in italiano Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali, ha riconosciuto che alcune sostanze derivanti dalla Cannabis avrebbero proprietà antitumorali, in particolare riuscirebbero a contrastare le forme più gravi di cancro al cervello, riuscendo addirittura a ridurre le dimensioni del tumore stesso, cosa che oltretutto risulterebbe assai importante in caso di radioterapia.
Ci sono prove conclusive o sostanziali, che cannabis o cannabinoli scoperti nella pianta della marijuana, possono essere efficaci nel trattamento del dolore cronico, che è “di gran lunga il più comune” dei motivi per cui viene richiesta la marijuana terapeutica. Una sostanza della cannabis, il THC, sarebbe in grdo di contrastare il virus dell’Aids. Un recente studio ha dimostrato che questa sostanza sarebbe in grado di proteggere le cellule dagli attacchi del virus HIV. Infine, una studio condotto dai ricercatori del California Pacific Medical Center di San Francisco ha dimostrato che un composto derivato dalla Maruijana sarebbe in grado di ridurre la formazione di metastasi in casi di tumore e quindi di ridurre sensibilmente la mortalità.
L’uso terapeutico è permesso in New Mexico, Arizona, Montana, Michigan, Illinois, New Jersey e New Hampshire. Il consumo di piccole quantità è depenalizzato (non si rischia una detenzione lunga in carcere, ma resta comunque il pericolo di una multa di centinaia di dollari e qualche notte in cella per il traffico di dosi eccessive) in Nebraska, Missouri, Mississippi, Ohio e North Carolina.
L’uso medico e terapeutico della marijuana è stato legalizzato in California, Massachusetts, North Dakota, Florida, Arkansas, Nevada, Maine per il trattamento di patologie quali Aids, cancro, epilessia e epatite C. Attenzione ai limiti di età che varranno per tutti gli usi della cannabis: come nel caso degli alcolici, la marijuana rimarrà vietata ai minori di 21 anni. Anche in Italia è cambiato qualcosa: l’approvazione dell’uso terapeutico della cannabis è già avvenuta in Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna e Toscana.
Ma quanto sappiamo esattamente sulla cannabis?
Una corposa ricerca appena pubblicata dalla National Academies of Sciences Engineering and Medicine propone una delle analisi più esaustive – e certamente delle più aggiornate – su quanto sappiamo esattamente sulla cannabis dal punto di vista scientifico. La commissione che ha redatto la relazione, che rappresenta le migliori università del Paese, ha preso in considerazione per la sua analisi oltre 10.000 studi, dai quali ha tratto quasi 100 conclusioni.
La relazione rivela soprattutto quanto ancora non sappiamo, ma è comunque sorprendente vedere quanto sappiamo su alcuni effetti terapeutici della cannabis. Delle buone ricerche sono essenziali, per sapere qual è il modo migliore per usarla, quali sono le modalità più sicure e quali sono i rischi reali. Su molti aspetti, i dati sono ancora insufficienti per pronunciarsi positivamente o negativamente sulla cannabis.
Per citarne alcune, gli autori hanno raccolto prove moderate (un livello di prova abbastanza soddisfacente e un’indicazione che esistono buoni dati) che la cannabis non è collegata ad alcun accresciuto rischio di tumore ai polmoni o alla testa e al collo associati al fumo. Però, hanno raccolto prove limitate che suggeriscono che i consumatori cronici o frequenti possano avere tassi maggiori relativi a un certo tipo di tumore ai testicoli.
Ci sono anche prove moderate che l’uso di cannabis è collegato a un leggero aumento del rischio di depressione e a un maggiore rischio di fobia sociale. Sono necessarie ancora ulteriori ricerche sulla cannabis. Fatto molto importante: in molti casi, dire che la cannabis è collegata a un maggiore rischio non significa che l’uso di marijuana causa quel rischio.
Secondo la relazione, è complicato condurre ricerche sulla marijuana in questo momento a causa delle barriere nella regolamentazione, tra cui la classificazione della marijuana nella cosiddetta Schedule I della Drug Enforcement Administration e il fatto che i ricercatori spesso non possono accedere agli stessi tipi di marijuana realmente usati dei consumatori. Anche in stati in cui l’acquisto di marijuana è legale, le norme federali impediscono ai ricercatori di usare lo stesso prodotto.
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