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Robot nelle aziende, ma davvero ci ruberanno il posto di lavoro?

Avere colleghi robot in molte aziende è ormai una realtà. L’automazione fa ormai parte della nostra vita quotidiana: basti pensare alle casse automatiche al supermercato, alle stampanti 3D o ai siti per le prenotazioni aeree. Siamo circondati da esempi in cui le macchine riescono a sostituire il lavoro umano. La tecnologia quindi, sta contribuendo a ridisegnare le attività produttive in ogni ambito e a tutti i livelli, dai lavori più ripetitivi e di basso profilo, ma anche per le professioni più intellettuali.

Un cambiamento radicale, che ormai rende ufficiale l’entrata del mondo in quella che gli studiosi definiscono la quarta rivoluzione industriale, ma più si avanza e più nella popolazione cresce la preoccupazione che in futuro i robot si possano sostituire completamente al lavoro degli uomini. Questa rivoluzione tecnologica porta con sé la paura di una disoccupazione di massa, che è fortemente sentita da molte categorie di lavoratori, soprattutto in quelle a più bassa qualificazione. Secondo un recente sondaggio, oltre il 55% degli operai percepisce i robot come una forza capace di distruggere più lavoro di quanto ne crei, mentre questa paura è condivisa solo dal 25% degli studenti universitari.

Da una recente analisi di Bloomberg e International Federation of Robotics, sullo studio tra il Tasso di disoccupazione e densità di robot per singolo paese, si può notare che non vi è correlazione fra il tasso di automazione e la disoccupazione tra paesi diversi. L’Italia è risultato il paese con il più alto tasso di disoccupazione e ha uno dei tassi più bassi di densità di robot. Al contrario, i paesi con i più alti tassi di densità dei robot, rispettivamente Corea del Sud, Germania, e Giappone, sono anche quelli che hanno i tassi di disoccupazione più bassi. In questi paesi infatti, la disoccupazione non supera mai il 4%.

Ovviamente questi dati richiedono molte qualificazioni, ma sono sufficienti per mettere in dubbio l’idea che un alto tasso di robot nelle aziende porti ad una disoccupazione elevata: nonostante alcuni tipi di occupazioni scompaiano, il livello generale dell’occupazione rimanga invariato. Questo può essere possibile grazie alla nascita di nuove occupazioni oppure se le rimanenti sono più richieste di prima. Inoltre, la tecnologia tende ad aumentare la produttività, stimolare l’economia e creare nuovi posti di lavoro nei settori in espansione che beneficiano delle innovazioni.• Secondo l’economista David Autor, i lavori mediamente retribuiti sono quelli che soffrono il cambiamento tecnologico essendo spesso composti da mansioni di routine, e quindi fortemente esposti a un processo di automazione. Questi lavori possono comprendere macchinisti, assemblatori, operatori d’impianto e impiegati d’ufficio. Queste tipologie di lavoro sarebbero dunque quelle più a rischio in un contesto di innovazione.Secondo l’economista David Autor, i lavori mediamente retribuiti sono quelli che soffrono il cambiamento tecnologico essendo spesso composti da mansioni di routine, e quindi fortemente esposti a un processo di automazione. Questi lavori possono comprendere macchinisti, assemblatori, operatori d’impianto e impiegati d’ufficio. Queste tipologie di lavoro sarebbero dunque quelle più a rischio in un contesto di innovazione.Occorre quindi tener conto che la diffusione di tecnologie di automazione comporta sicuramente un cambiamento della natura delle mansioni che l’uomo andrà a svolgere. Molto probabilmente, alcuni tipi di occupazione saranno necessariamente destinati a scomparire, e questo genera preoccupazione sul breve periodo ad alcune fasce di lavoratori, in particolare per quelle più anziane che difficilmente possono essere formate e adattate alla nuova struttura del mercato del lavoro.

 

 

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