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Il governo svende un altro pezzo d’Italia: cosa ha ceduto dei “gioielli di famiglia”, a chi e quanto ha incassato

Il governo ha avviato una nuova fase di privatizzazioni, e come spesso accade, la via scelta è quella di vendere asset strategici dello Stato. Stavolta tocca a Eni, uno dei giganti dell’energia. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato la vendita di una quota di minoranza dell’Eni, segnando l’inizio di una serie di dismissioni di aziende a controllo pubblico.

Con una nota diffusa a mercati chiusi il 15 maggio, proprio nel giorno dell’assemblea dei soci del gruppo energetico, il Tesoro ha reso noto di aver avviato una procedura accelerata di raccolta ordini, conosciuta come “Accelerated Book Building”. L’obiettivo è cedere 91.965.735 azioni ordinarie, pari a circa il 2,8% del capitale di Eni. Per questa operazione, il ministero ha coinvolto un consorzio di banche composto da Goldman Sachs, Jefferies e UBS Europe in qualità di Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners.

Il Piano delle privatizzazioni

Il collocamento lampo è stato annunciato come un successo dopo le 22.30, con le azioni vendute a un prezzo scontato dell’1,7% rispetto ai corsi di Borsa. Il titolo Eni, che il 15 maggio ha chiuso a 15,11 euro, è stato venduto dal Mef a 14,855 euro ad investitori italiani ed esteri, con una forte domanda da parte degli americani. L’operazione ha fruttato quasi 1,4 miliardi di euro.

La vendita di una quota di Eni rappresenta solo l’inizio. Nei piani del governo ci sono anche le privatizzazioni di Poste Italiane e Ferrovie dello Stato. L’obiettivo dichiarato è raccogliere circa 20 miliardi di euro entro il 2026. La strategia è chiara: fare cassa velocemente per finanziare le politiche economiche e ridurre il debito pubblico.

La nota del Ministero

Il ministero guidato da Giancarlo Giorgetti ha comunicato che non venderà ulteriori azioni di Eni sul mercato per un periodo di 90 giorni senza il consenso dei Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners, salvo eccezioni. Questa clausola serve a garantire la stabilità del titolo sul mercato e a mantenere la fiducia degli investitori. La decisione di vendere una parte di Eni ha suscitato reazioni contrastanti. Alcuni vedono in questa mossa un passo necessario per risanare le finanze pubbliche, mentre altri temono la perdita di controllo su asset strategici per il paese. La storia delle privatizzazioni italiane è lunga e complessa, e il dibattito su questo tema è destinato a proseguire.