Quando Sergio Mattarella era stato eletto presidente della Repubblica, nel gennaio del 2015, in tanti erano pronti a scommettere che avremmo assistito a un’avventura ben diversa da quella dei suoi precedessori. Una figura che suggeriva toni bassi, moderazione, l’idea di interpretare in ruolo in maniera minimalista a dispetto di chi, prima di lui, aveva abbracciato un deciso interventismo. E invece anche il nuovo inquilino del Quirinale ha finito per intraprendere lo stesso percorso.
Come scrive Il Corriere della Sera, anche per Mattarella si parla infatti già di fase 1 e fase 2. Un cambio di passo al quale Mattarella “si è rassegnato”, dicono coloro che gli stanno vicino. Il mutamento scatta dopo il voto del 4 marzo, quando il risultato delle urne gli impone di fronteggiare una stagione inedita. La maggioranza che lo ha eletto non c’è più, al suo posto Lega e Cinque Stelle, che mostrano fin da subito i muscoli, determinati e sfrontati, e anche una certa inesperienza al governo.
Fino a quel momento si era parlato poco di lui. All’improvviso, ecco invece piovere su Mattarella nomignoli come “premier ombra” o “badante del governo dei ragazzi”: si è preso la responsabilità delle sue iniziative di allora richiamandosi a Einaudi e Gronchi. Evocare il primo gli è servito a ribadire, mentre già si profilava la candidatura di Paolo Savona al ministero dell’Economia, le prerogative del capo dello Stato. La citazione del secondo, serve invece a richiamare la difesa della Costituzione.Una funzione “di accompagnamento”, nel caso dell’esecutivo gialloverde, visibile in particolare nell’attenzione che Mattarella ha dedicato alla sfera economica. Cioè nell’aver posto come essenziali i vincoli finanziari, perché quello era il problema da lui sollevato fin dall’atto di formazione del governo. Non metteva ostacoli al programma, purché rientrasse nei limiti consentiti dall’articolo 81 della Carta sull’equilibrio tra entrate e spese. Un’ottica in cui va inquadrato pure il suo no a Savona.
Gli italiani, tranne alcuni più ultras, sembrano aver apprezzato molto quanto fatto fin qui da Mattarella. Guardare per esempio al lungo applauso che l’ha accolto alla Scala di Milano il 7 dicembre e all’approvazione ottenuta dal suo messaggio di Capodanno sui “buoni sentimenti”. Addirittura Grillo, solitamente spietato contro i presidenti della Repubblica, tace e manda segnali di ammiccamenti. Ora però lo aspettano due transizioni costituzionali complicate, invocate dai partiti di governo: la democrazia diretta e il federalismo differenziato.