C’era una volta il governo gialloverde, quello che viveva poggiandosi sui due pilastri rappresentati da un lato da Matteo Salvini e la sua Lega e dall’altro dal Movimento Cinque Stelle, capitanato da Luigi Di Maio. Una delle due colonne portanti, quella pentastellata, si è però ormai fatta sempre più fragile, segnata nel profondo dalla batosta delle ultime elezioni europee e da una leadership ormai apertamente contestata dallo stesso partito. E affiancata ormai stabilmente da un altro sostegno, il premier Conte.
Agli occhi dei più, infatti, è ormai Conte-Salvini la dicotomia intorno alla quale ruotano le sorti dell’esecutivo. Una convivenza per nulla pacifica, considerando che il Capitano ha mostrato palese intolleranza verso l’apertura europeista del premier, ai suoi occhi ormai una sorta di “Mario Monti 2.0”. Un’insofferenza figlia anche di sondaggi che mostrano il presidente del Consiglio, secondo l’ultima rilevazione Ipsos di Nando Pagnoncelli, figura più apprezzata del governo con una fiducia del 58 per cento degli intervistati, 4 punti in più di Salvini (Di Maio è molto staccato, fermo al 34 per cento).
Salvini preferiva, e di parecchio, il vecchio dualismo con Di Maio. Entrambi giovani, entrambi spericolati, entrambi avversari di Bruxelles, fieramente. Conte è di tutt’altra pasta e, approfittando della debolezza dei Cinque Stelle, si sta ritagliando un ruolo crescente. A lui guarda con favore una parte consistente dello stesso Movimento, a lui guardano non troppo dispiaciuti gli elettori di sinistra, per nulla impressionati da Zingaretti.
A spaventare il vicepremier sono poi le voci di un possibile partito lanciato dallo stesso Conte in vista delle future elezioni. Dalla sua parte, frange consistenti del Vaticano, la benedizione del segretario di Stato Parolin, diversi manager pubblici, alcuni politici moderati. Insomma, un microcosmo che si sta allargando intorno alla sua figura. Al punto da irritare, non poco, una Lega già con i nervi a fior di pelle.