“O il PD a cambia o muore. Le primarie? Vincerò io”. Elly Schlein si racconta in un’intervista al Corriere della Sera in cui parla della corsa alla segreteria del PD ma anche di sé, delle origini ebraiche, dei progetti.
“Vinco io, lo sento, perché non ho nulla da perdere, avverto una mobilitazione incredibile, con tanta gente che ha voglia di partecipare – spiega -. Giovani che non avevano mai fatto politica. Anziani che mi dicono ‘non prendevo la tessera da trent’anni’, quindi non erano mai stati nel Pd. Quella tra diritti civili e questioni sociali è una falsa contrapposizione, come sanno i giovani che scendono in piazza. Per una persona discriminata è più difficile lavorare e fare impresa. La battaglia contro lo sfruttamento e contro l’emergenza climatica è la stessa. Le vittime sono le fasce povere, su cui pesa di più il caro energia, e i Paesi poveri, che pagano la desertificazione di cui sono i meno responsabili. La battaglia per idiritti e contro il patriarcato è la stessa”.
Schlein si pone come elemento di rottura, per questo non ama che si dica che la nomenklatura Pd si è schierata con lei. “Questa è un’affermazione sessista, tipica di una società patriarcale, per cui se una donna si fa strada dev’essere sempre strumento di qualcun altro – incalza -. Serve una rottura. Una cesura netta con il passato. Preferisco cento volte i dirigenti che hanno capito che o si cambia o si muore, rispetto a quelli che accusano me e fingono di aver passato gli ultimi anni nei campi a raccogliere margherite, anziché nelle stanze dove si sono prese tutte le decisioni del partito, comprese le alleanze”.
Secondo la candidata alla guida del Pd il governo Meloni è deludente. “La destra non è cresciuta alle elezioni politiche, ha sempre i suoi dodici milioni di elettori – afferma -, che si sono affidati prima a Berlusconi, poi a Salvini e ira a Meloni, nonostante siano divisi. Sta a noi fare esplodere quelle contraddizioni”.
“Sono una nativa democratica, non ho il privilegio di aver vissuto una delle storie precedenti, infatti ho nostalgia del tempo che non ho conosciuto. Quella del Pd è stata la mia prima tessera – conclude -. Ne sono uscita nel 2015, dopo l’abolizione dell’articolo 18, la cosiddetta buona scuola, il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, i tre voti di fiducia su una legge elettorale poi dichiarata incostituzionale. Altri sono usciti solo dopo il referendum”.