Il reddito di cittadinanza o la morte. Quella politica, schiacciati da un alleato, Matteo Salvini, che continua a sottrarre spazio vitale ai Cinque Stelle, oscurandoli dallo scenario politico italiano. La carta da giocarsi per recuperare terreno è proprio quella del provvedimento più celebre tra i tanti promessi dai pentastellati, decisivo nel corso dell’ultima campagna elettorale soprattutto per sfondare al sud, dove l’emergenza lavoro è più forte e i voti, non a caso, sono arrivati copiosi. Ma come funzionerà, di preciso, il famigerato reddito di cittadinanza? A chi spetterà? Luigi Di Maio, intervistato da Il Fatto Quotidiano, ha rivelato qualche dettaglio in più in merito, parlando di un bonus che “spetterà anche agli stranieri residenti in Italia da dieci anni”. Un concetto rilanciato poco dopo dalla senatrice pentastellata Nunzia Catalfo, presidente della Commissione Lavoro del Senato: “Verrà conferito anche a stranieri che sono residenti in Italia, da lungo soggiornanti”.
Una misura del genere è davvero possibile? Se lo stanno chiedendo un po’ tutti, in queste ore. Dalle pagine de Il Tempo, Pietro De Leo azzarda le prime stime numeriche: considerando che i cittadini comunitari vanno equiparati agli italiani e che gli extracomunitari con regolare permesso da lungo tempo oltre 2000, gli stranieri in possesso dei requisiti per chiedere il reddito di cittadinanza arriverebbero supererebbero il milioni. Con il rischio, evidenziato da Cesare Mirabelli sulle pagine de Il Corriere della Sera, che aumentino a breve: attirati proprio dalla manovra voluta dal Movimento Cinque Stelle, tante persone potrebbero trasferirsi in Italia da altri paesi parte dell’Unione Europea, finendo così per gravare a loro volta sulle nostre casse. Al netto delle difficoltà nel limitare i costi dell’impegno preso, c’è poi un secondo scalino da superare: la Consulta ha infatti in passato già bocciato provvedimenti che avevano preoccupanti analogie con il reddito di cittadinanza.
Nel 2008, per esempio, la Corte Costituzionale aveva detto no a un decreto legge che dettava le modalità d’accesso al cosiddetto “fondo sostegno affitti”. Una misura che prevedeva come requisito quello, per gli immigrati extracomunitari, di risiedere in Italia da almeno dieci anni. E che proprio per questo era stata bocciata, con richiamo all’articolo 3 della Costituzione sulla “pari dignità sociale” del cittadino di fronte alla legge “senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione e opinioni politiche”. Stessa sorte era toccata poco prima a una legge regionale della Liguria che stabiliva, per cittadini provenienti da paesi extracomunitari, il requisito della residenza decennale per accedere all’edilizia residenziale pubblica. I precedenti, insomma, non fanno ben sperare e potrebbero trasformare presto il reddito di cittadinanza in una battaglia giudiziaria. Sulla quale i Cinque Stelle fanno già sapere di non essere pronti a cedere.
Reddito di cittadinanza, Di Maio alza le tasse per finanziarlo