Nei giorni successivi alla crisi di governo che ha portato alla fine del Conte bis, Matteo Renzi non ha fatto che rilasciare interviste trionfali, soprattutto alla stampa estera, raccontando il suo “capolavoro politico”, quello che aveva portato all’avvento di Mario Draghi in quel di Palazzo Chigi. Settimane dopo, però, le sorti del leader di Italia Viva non sembrano però più così grandiose come descritto. Perché nel frattempo due suoi rivali per eccellenza, Conte e Letta, stanno per finire a capo di due dei principali partiti italiani.
Era il 2014 quando Renzi, dopo il celebre “stai sereno”, prendeva il posto di Enrico Letta come presidente del Consiglio. Sette anni dopo, proprio il “rottamato” per eccellenza prepara il ritorno in scena come segretario del Pd, al posto del dimissionario Nicola Zingaretti. Una conseguenza, anche questa, della crisi innescata dal numero uno di Italia Viva, che certo non poteva prevedere un simile sviluppo. Le brutte notizie, però, non sono finite per l’ex sindaco di Firenze.
Oltre a Letta, Renzi si trova a fare i conti anche con un Giuseppe Conte pronto a prendere la guida del Movimento Cinque Stelle, benedetto già da Luigi Di Maio e Beppe Grillo come “unico possibile punto di riferimento” per il futuro del partito. Con tanto di sondaggi in salita, che sottolineano come la scelta dell’Avvocato del Popolo piaccia, e parecchio, a quegli italiani che d’altronde già durante la pandemia avevano sempre mostrato apprezzamento per il presidente del Consiglio, chiamato ad affrontare un’emergenza senza precedenti, che aveva colto di sorpresa il mondo intero.
Non proprio il migliore degli scenari, per Renzi. Costretto a fare i conti da un lato con i sondaggi che inchiodano il suo partito al di sotto del 3%, dall’altro con il rischio di finire lui “rottamato” dai suoi vecchi nemici, tornati in pompa magna a ricoprire due ruoli di primissimo piano nel nuovo scacchiere politico. Letta, soltanto qualche giorno fa, parlava così della crisi innescata da Renzi: “Già a febbraio dell’anno scorso Renzi stava facendo cadere il governo Conte e la crisi fu impedita dall’arrivo del Covid a Codogno. Questa è la storia, la dimostrazione del fatto che le sue critiche al Recovery sono strumentali”. Con queste premesse, i prossimi mesi non sembrano certo rosei per il leader di Italia Viva. Che forse non pensa più alle sue ultime mosse come a un “capolavoro”.
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