Parte il processo sull’Ilva di Taranto. Al Palazzo di Giustizia del capoluogo di provincia pugliese è giunto anche il governatore Michele Emiliano (in virtù di rappresentate di una Regione che si è costituita parte civile). Si torna quindi in aula in vista del rinvio a giudizio decretato dal gup Anna De Simone nei confronti di 44 persone e tre società ritenute coinvolte nel disastro ambientale causato dal polo siderurgico.
Ex amministratori delegati e politici
Tra queste anche Fabio e Nicola Riva, ex amministratori dell’Ilva accusati di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele sui posti di lavoro. Indice puntato anche contro Bruno Ferrante, ex presidente dell’azienda, e Gianni Florido come ex presidente della Provincia. Nella lista degli imputati c’è anche l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, così come c’è il nome di Ezio Stefano, attuale sindaco di Taranto.
Le vittime sono i cittadini di Taranto
Il maxiprocesso dovrà cercare di venire a capo di un caso che ha destabilizzato l’Italia intera. L’obiettivo? Arrivare a definire i colpevoli che hanno fatto sì che l’Ilva potesse dar luogo al disastro ambientale di cui l’intera città di Taranto rimasta vittima, con una cittadinanza che si ritrova ora a dover fare i conti con problemi di salute molto seri. Innumerevoli sono infatti i casi di cancro sospetto, causati cioè dall’inquinamento atmosferico causato dalle attività dell’azienda siderurgica.
Ricatto occupazionale
Ma Taranto è anche una città che ha anche un estremo bisogno di lavorare. Un ricatto occupazionale, quello messo in scena dall’Ilva, che non mancherà di far discutere ancora, soprattutto durante un processo destinato a scoperchiare altarini e a scatenare inevitabili riflessi politici.
Matteo D’Apolito