L’attuale dibattito sui migranti si riduce a un pro o contro privo di basi per un dialogo costruttivo sull’attuale “crisi migratoria”. A chi sostiene che la chiusura totale dei porti e i respingimenti in mare siano l’unica soluzione, si contrappone chi porta avanti un ragionamento basato sulle parole “accoglienza” e “salvare”. Spesso si finisce per parlare dei migranti come di semplici numeri o, nei casi peggiori, come di pacchi da rimbalzare da uno Stato a un altro. Esiste però un modo diverso per parlare di queste persone, mettendo al centro le loro voci, le loro storie, i loro titoli e le loro carriere. Perché non tutti sono dei “disperati”.
Spesso ci dimentichiamo che i migranti hanno una vita, aspirazioni, formazione e un’identità e non sono solo i detenuti di un campo in Libia e i naufraghi di una barcone in mezzo al Mediterraneo. Nella nostra narrazione finiscono per diventare esclusivamente parassiti o “cuccioli” da salvare, in una visione che si dimentica di descriverli semplicemente come nostri pari.
Ricordiamo che i migranti sono persone con una vita, ambizioni, opinioni, pensieri, carriera scolastica, universitaria e lavorativa. Dovremmo tutti riflettere anche sulle qualifiche dei nuovi arrivati, che nella maggior parte dei casi il nostro Paese non riesce a valorizzare, abbandonandoli in balia del caporalato e dello sfruttamento. Nonostante la convinzione che gli immigrati “facciano i lavori che gli italiani non vogliono più fare” perché non sufficientemente formati, il rapporto Ocse 2017 ha messo in luce che “gli immigrati lavoratori con laurea costituiscono in media più di un terzo della forza lavoro immigrata dei Paesi Ocse”.
Spesso gli immigrati, regolari o meno, svolgono lavori non qualificati perché le lauree ottenute nei Paesi di origine non sono riconosciute dall’ordinamento italiano, con il risultato che il 51,7% degli stranieri residenti in Italia è troppo qualificato per il lavoro che svolge.
Un altro scoglio incontrato dai migranti che vogliono trasferirsi in Europa è l’ottenimento di un visto, che nella maggior parte dei casi non viene concesso, andando a incrementare i canali di immigrazione illegale. Secondo il rapporto 2019 in materia di visti sui Paesi dell’area Schengen, nel 2018 è stato negato il 35% delle richieste, in particolare se provenienti da Paesi africani come Nigeria, Algeria, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Ghana.
Ha fatto scalpore anche il record negativo di visti per motivi di studio negati agli studenti di Ghana e Togo, rifiutati nel 95% dei casi. Questi dati dimostrano l’ipocrisia di chi si nasconde dietro a mantra come “gli immigrati regolari vanno bene”, dato che una burocrazia lenta e arbitraria nega di fatto questa opportunità, spesso senza motivazioni valide e per cui è difficile far ricorso, specie se si proviene da Paesi in via di sviluppo.
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