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Inchiesta Savoini-Russia: “La trattativa si concluse, ci sono le tangenti”

L’affaire Salvini-Savoini-Russia si complica ulteriormente. Davide Milosa sul Fatto Quotidiano fa sapere che per gli inquirenti la versione secondo cui la trattativa per la compravendita di gasolio tra una società russa e l’ENI da 1,5 miliardi di dollari (sui quali si applicava un discount del 10%, così suddiviso: il 4% al Carroccio e il resto ai funzionari del Cremlino) si sarebbe conclusa positivamente, a dispetto di quanto dicono quelli coinvolti nell’affare.

Secondo gli inquirenti, infatti, quelle dette al Metropol non erano millanterie e che “l’accordo alla base dell’affare era molto concreto”.

Le parole fissano un punto importante nell’inchiesta aperta dalla Procura di Milano che ha iscritto nel registro degli indagati Savoini con l’accusa di corruzione internazionale. In sostanza, è il ragionamento degli inquirenti, anche sulla base delle ultime acquisizioni, l’affare del gasolio che avrebbe portato 65 milioni di dollari nelle casse della Lega per finanziare le ultime Europee, aveva una base avanzata.

Tanto più che, secondo gli inquirenti, la parte della “tangente” che porta all’accusa di corruzione, sarebbe rimasta in Russia. L’ipotesi che supporta la tesi della “concretezza dell’accordo” è che parte del denaro del cosiddetto “discount” sarebbe finita a funzionari pubblici russi.

E che l’accordo trovato ai tavolini del Metropol avesse una sua solidità lo dimostrano alcuni passaggi dell’audio, legati alla necessità di velocizzare. A parlare è Ita2, che con buona probabilità è Gianluca Meranda: “Dobbiamo essere molto veloci, la prima consegna potrebbe essere a novembre”. Che l’accordo sia andato in porto resta allo stato un’ipotesi investigativa ancora da dimostrare.

La partita quindi è aperta e le indagini sono a una svolta. Intanto per Savoini la vicenda si complica ulteriormente, perché da una informativa ancora inedita dei carabinieri del Ros, consegnata al pm Manotti di Genova, emergono le frequentazioni fra il presidente di Lombardia Russia e Orazio Gnerre, uno dei “rossobruni” tuttora indagati in uno stralcio d’inchiesta sui presunti reclutatori di combattenti per la causa filorussa in Ucraina orientale.

 

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