Proseguono le indagini della procura di Ivrea dopo l’incidente ferroviario avvenuto a Brandizzo che è costato la vita a cinque operai, travolti da un treno in corsa. A parlare di fronte ai magistrati è Giuseppe Cisternino, 21 anni, originario di Barletta e amico del defunto Kevin Laganà. Cisternino, che è considerato un importante testimone, è un operaio assunto dalla Sigifer fino a dicembre. Anche se ha già fatto sapere che al termine di questo periodo si licenzierà.
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Incidente di Brandizzo: parla il testimone Cisternino
“Era per la fretta. Facevamo tutto di fretta. – inizia così la drammatica testimonianza di Cisternino, considerata utile per fare luce sull’incidente di Brandizzo – Anche solo per tornare a casa mezz’ora prima. Che poi, a pensarci ora che i miei amici sono morti, a cosa serviva? Nessun operaio si è mai rifiutato di salire sui binari anche se non era sicuro, anche se tutti sapevamo che l’autorizzazione non era arrivata. Spesso ci dicevano di farlo per accelerare i tempi”, spiega il testimone.
“I rischi più grossi li correvamo con i treni dell’alta velocità. – prosegue il testimone Cisternino – Spesso Italo e Frecciarossa ci passavano a 5 centimetri mentre lavoravamo sull’altro binario. Per noi era evidente che questo non si potesse fare. Ma era lavoro, l’unico che avevamo. E stavamo zitti. Senza polemiche, anche se ci rendevamo conto dei rischi. I tecnici di Rfi c’erano ma molte volte sparivano. Noi li cercavamo ma magari si mettevano sul furgone mentre noi lavoravamo e non si occupavano di noi. Molte volte non si sapeva dove fossero. Non c’era sicurezza”, conclude.
Insomma, l’incidente mortale avvenuto a Brandizzo non solo si poteva evitare se fossero state rispettate tutte le norme di sicurezza. Ma quello che sta emergendo è un sistema marcio, dove la regola principale era proprio quella di non rispettare le regole al fine di velocizzare il più possibile i lavori di manutenzione sulla linea ferroviaria.
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