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Inghilterra dopo Brexit: la nota negativa dell’economia

Il Regno Unito annaspa, la crescita stenta. Prima della Brexit l’economia britannica cresceva spedita ad un ritmo fra i 2,5 e i 3 punti percentuali, facendo della Gran Bretagna il paese del G8 con la maggiore crescita. In appena quindici mesi il Regno Unito è fra quelli che crescono meno.

Nel primo trimestre la Gran Bretagna è stata fanalino di coda del G7 per crescita del pil. Il reddito disponibile è stato inferiore del 2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, il maggior declino dal 2011. In difficoltà a causa dell’inflazione, molti lavoratori stranieri stanno valutando se andarsene. Nel settore della raccolta frutta c’è già penuria di manodopera e le fragole potrebbero rincarare del 50%. Le statistiche mostrano che l’economia britannica è entrata nel nuovo anno con una nota negativa. I rivenditori britannici hanno combattuto a causa delle “difficili” condizioni commerciali di gennaio, in quanto i consumatori hanno conservato i loro soldi per gli acquisti alimentari essenziali e hanno evitato gli acquisti di grandi dimensioni.

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Gli effetti della Brexit iniziano a farsi sentire.

Gli effetti della Brexit iniziano a farsi sentire nei portafogli del Regno Unito. Dopo il rally di fine 2016, oggi l’economia di Sua Maestà è il fanalino di coda del G7 e dell’Unione Europea, con l’inflazione che torna a mordere, l’austerity che spacca governo e Paese e un indebitamento privato che sta superando i livelli di guardia. Intanto crescono i discount e i lavoratori non britannici iniziano a guardare altrove, progettando la personale uscita dalla Gran Bretagna, nell’attesa che diventi effettiva quella della propria nazione di elezione dall’Unione Europea.

Le vendite non alimentari sono diminuite dell’1,2% nei tre mesi fino alla fine di gennaio, con venditori di mobili, negozi di scarpe e negozi di abbigliamento di alta strada che registrano la peggiore performance dal 2009, secondo i dati British Retail Consortium (BRC) e KPMG. Ci sono state notizie migliori per i supermercati dopo che le vendite di generi alimentari sono aumentate del 2,9%, ma con tutte le spese extra rappresentate da prezzi più alti.

La stretta al potere di consumo dei consumatori ha colpito l’industria dei servizi più ampia, che ha sofferto il mese peggiore dopo il referendum dell’UE, e ha anche innescato un crollo delle vendite di auto, secondo i dati del settore che mostrano che l’economia del Regno Unito sta entrando nel nuovo anno su un downbeat Nota.

La Banca d’Inghilterra prevede che la crescita delle reribuzioni aumenterà al di sopra dell’attuale livello del 2,5% durante l’anno a venire e che l’inflazione diminuirà dal livello attuale del 3%. Nel frattempo, le famiglie britanniche sono nel bel mezzo di una contrazione dei redditi, poiché un’inflazione più elevata e una crescita stagnante dei salari consumano i loro redditi disponibili.

L’ultimo controllo sanitario del settore dei servizi – che comprende hotel, ristoranti, trasporti e servizi finanziari – da IHS Markit e dal Chartered Institute of Procurement and Supply (CIPS) ha rilevato che una perdita di clienti e l’incertezza della Brexit hanno portato a un calo attività.
L’indice dei responsabili degli acquisti mensili è sceso da 54,2 punti a dicembre a 53,0 a gennaio, il più debole da settembre 2016 e solo leggermente al di sopra del limite di 50,0 tra espansione e recessione.

I servizi rappresentano quasi i quattro quinti del prodotto interno lordo del Regno Unito, ma sondaggi simili per la produzione e la costruzione rilasciati la scorsa settimana hanno mostrato segni di rallentamento della crescita nel Regno Unito in un momento in cui altre importanti economie – Stati Uniti, zona euro e Giappone – si sono espanse fortemente.

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L’economia del Regno Unito rispetto al resto del mondo.

Secondo quanto riportato dall’ultimo bollettino dell’Office for National Statistics, l’agenzia governativa britannica di statistica, quella del Regno Unito è al momento la peggiore tra le maggiori economie del mondo. Durante il primo trimestre del 2017 Londra ha infatti registrato una crescita del pil dello 0,2%, il dato più basso tra i Paesi europei e del G7, meno degli Usa e del Giappone che, secondo le stime Ocse, hanno chiuso il periodo gennaio-marzo con una crescita dello 0,3 per cento. Sugli scudi il Canada, con un incremento del pil dello 0,9%, mentre nello stesso periodo Germania, Francia e Italia sono cresciute rispettivamente dello 0,6%, 0,5% e 0,4 per cento. Unione Europea (EU28) ed Eurozona hanno chiuso invece il primo trimestre entrambe con una crescita dello 0,6 per cento.

Un vero e proprio testacoda rispetto all’ultimo trimestre del 2016, quando il Regno Unito aveva fatto registrare una crescita dello 0,6%, la più alta tra le nazioni del G7. Tuttavia la debolezza della sterlina negli ultimi mesi ha dato impulso all’inflazione e le famiglie britanniche hanno iniziato ad accusare il colpo, provocando un deciso rallentamento delle performance economiche del Regno.

Gli inglesi si indebitano, perché il carrello della spesa diventa sempre più caro.

Tra aprile 2016 e aprile 2017 il credito al consumo è cresciuto del 10,3%, e nel mese di maggio, secondo i dati della Bank of England, i britannici hanno preso a prestito 300 milioni di sterline più delle previsioni, per un ammontare complessivo di 1,732 miliardi. Ben oltre le stime di 1,4 miliardi, e degli 1,438 miliardi di sterline di aprile.

Queste cifre comprendono carte di credito, prestiti personaliauto a rate. Ma se l’industria automobilistica ha registrato un calo del 4,4% a maggio rispetto al mese precedente e la Society of Motor Manufacturers and Traders ha annunciato per il terzo mese consecutivo un calo nella registrazione di nuove auto, i supermercati hanno registrato un’accelerazione del 5% nei tre mesi precedenti al 18 giugno, secondo il Grocery Market Share della società di ricerche di mercato Kantar Worldpanel. L’aumento dei prezzi dei beni al consumo, secondo Fraser McKevitthead of retail and consumer insight di Kantar Worldpanel, potrà provocare una spesa extra di 133 sterline all’anno nel carrello degli inglesi.

economia-brexitRischio aumenti del 50% per le fragole. 

All’interno del panorama dei rincari sta nascendo un caso politico attorno alle fragole, il cui prezzo potrebbe lievitare anche del 50 per cento: un disastroso effetto della Brexit secondo la British Summer Fruit, associazione di categoria dell’industria dei frutti di bosco. Il 95% dei 29mila raccoglitori di fragole stagionali proviene da Paesi dell’Unione Europea, con una grande maggioranza di bulgari e rumeni.

Il settore vale oggi 1,2 miliardi di sterline, con una crescita negli ultimi 20 anni del 131 per cento. Dopo mesi di appelli caduti nel vuoto, oggi l’organizzazione denuncia una grande difficoltà nel reclutamento di manodopera, una situazione inedita per il comparto. Il crollo della sterlina ha infatti provocato una consistente perdita del potere d’acquisto dei salari dei lavoratori Ue, esacerbando tra di loro la percezione di un sentimento anti-immigrazione da parte della terra d’Albione.

E una ricerca di Deloitte su 2.242 lavoratori non britannici in Uk conferma questa percezione: il 33% trova oggi il Regno Unito meno attrattivo e molti sono pronti a sbarcare verso altri lidi. Secondo la società di consulenza sarà un problema per l’economia britannica. Ulteriormente inasprito dalle resistenze (maggiori rispetto a quanto avviene in altri Paesi Ue) rispetto all’ipotesi di adottare nuove tecnologie e soluzioni automatizzate.

Già, perchè la Brexit ancora non c’è. Viene dunque da chiedersi cosa capiterà dopo il 31 marzo 2019, quando molte banche potrebbero fare fagotto verso l’Europa, trascinando Londra indietro di almeno un paio di decenni.
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