Avrete sicuramente sentito parlare di stampanti 3D, droni, sensori, fablab, delle schede Arduino e dei cosiddetti makers, coloro cioè che con queste tecnologie sperimentano e realizzano progetti.
Lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha portato ad una democratizzazione della tecnologia, rendendo possibile sperimentazioni e prototipazioni fino a qualche anno fa impensabili da realizzare nel salotto di casa propria o anche livello industriale a costi così contenuti. Pensate, ad esempio, che il costo della tecnologia che rende possibile la stampa 3D si è ridotto di 400 volte in 7 anni, da 40.000 dollari del 2007 a 100 del 2014 per funzioni equivalenti; o che far volare un drone e acquisire immagini aeree a 360° costava 100.000 dollari nel 2007 contro i 100 del 2013.
Questi sono solo pochi esempi che danno la misura di quanto la riduzione dei costi di tecnologie molto avanzate abbia influito sulla loro diffusione e consentito la nascita di progetti e idee imprenditoriali “innovative” che stanno rivoluzionando la nostra vita. I fautori di questa rivoluzione sono big player come Google o Facebook (che ha acquistato Oculus Rift, il visore per realtà virtuale), ma sono anche i piccoli makers che ogni giorno, in tutti i fablab d’Italia, sperimentano e rendono pop le grandi innovazioni che arrivano dal MIT di Boston, dalla Silicon Valley, dai centri di ricerca del mondo o dall’Interaction Design Institute di Ivrea, ad esempio, nel quale un gruppo di italiani particolarmente perspicaci ha creato Arduino, la famosa scheda elettronica che ha sdoganato la prototipazione rapida.
L’innovazione nasce in tutti i fablab diffusi sul territorio dove i makers passano il loro tempo a sperimentare e creare prototipi di oggetti che un giorno si useranno, o forse no, ma quel che conta è proprio la sperimentazione perché spesso, tra pensiero laterale e serendipity, le grandi scoperte si fanno mentre si cercava di realizzare qualcos’altro. È quella che Massimo Sideri ha definito “la via italiana all’innovazione”, la nostra capacità cioè di creare artigianato digitale di qualità: l’artigianato 3.0 verso il quale tutti gli artigiani italiani dovrebbero convertirsi, per vincere la crisi e sfruttare la tecnologia oggi disponibile a basso costo.