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Innovazione, lo smartphone in aula non è più un tabù: un’app con lezioni trascritte in tempo reale e domande digitali

E se vi dicessimo che usare lo smartphone in aula non rappresenta più un tabù ma uno strumento didattico? E’difficile ancora a credersi, ma un professore dell’università di Roma Tor Vergata sta già sperimentando nei suoi corsi l’ultima frontiera dell’innovazione didattica, dove le sue spiegazioni vengono supportate da strumenti tecnologici. La sua lezione è infatti trascritta e tradotta in tempo reale sugli smartphone dei suoi studenti. L’esplosivo professore è Massimiliano Schiraldi, docente associato di Operations Management a Roma Tor Vergata che, per i suoi 44 anni, vanta già esperienze di insegnamento non solo in Italia, ma anche in Cina e Inghilterra. E anche molta passione nello stare in cattedra: “Non serve per fare carriera, i docenti in Italia sono valutati per la ricerca. Ma ciò nonostante chi ha scelto di dedicare la propria vita alla docenza ci tiene a fare buona didattica”

Schiraldi insegna così ai suoi ragazzi nati nell’era del digitale, la svolta dell’ultima frontiera dell’innovazione didattica in università. Nella sua intervista esclusiva con il giornale La Repubblica, racconta nel dettaglio le sue lezioni tipo e quali sono i conseguenti vantaggi:“Entro in aula, indosso un auricolare e comincio ad insegnare – spiega il Professore – Mentre io parlo la mia voce è registrata e subordinata in tempo reale, anche tradotta in qualsiasi lingua, dall’inglese all’arabo. Il testo, con grafici e slide, passa nei telefonini degli studenti”. Praticamente gli studenti si possono collegare ad un app apposita, potendo così prendere appunti senza l’ausilio di carta e penna, ma anche premere un tasto per segnalare al docente in forma anonima che non hanno capito qualcosa.

Al contrario di quanto si possa subito pensare, secondo il professor Schiraldi, l’utilizzo dello smartphone in classe non rappresenterebbe un elemento di distrazione, ma al contrario aiuterebbe gli studenti ad essere più attenti, ed evitando loro situazioni tipiche come ad esempio l’utilizzo dei registratori durante la spiegazione in aula, che rappresentano l’alibi perfetto per distrarsi. Un problema frequente ormai, che oltre a far perdere tempo allo studente che dovrà riascoltare nuovamente il discorso accademico da casa, non ha neanche più la possibilità di confronto con il proprio professore per capire eventuali passaggi non chiari della lezione. “Con questa applicazione tutti sono incentivati a intervenire e si ritrovano appunti digitali che permettono di trovare l’esatto punto che interessa, di collegarsi ai contenuti di tutto il corso o di lezioni tenute da altri docenti” – chiarisce Schiraldi. “Lo studio diventa approfondimento”.
La piattaforma usata dall’università di Tor Vergata, si chiama Eiduco. Di origine olandese, nasce con lo scopo di trascrivere le sedute psicoanalitiche. Dopo due anni di sperimentazione in ateneo, anche grazie al contributo degli studenti, oggi è una realtà scolastica valida, con il progetto futuro di essere esteso ad altre facoltà oltre a quella di ingegneria. Inoltre,nella sua intervista, il Professor Schiraldi specifica di utilizzare anche un app per smartphone da lui creata, con il nome Xox: “E’ un progetto che consente di aprire una sessione di domande per l’aula. Gli studenti rispondono, i risultati sono riepilogati e possono così essere discussi. Tutti i più recenti studi sulla teaching excellence mettono in evidenza l’importanza di coinvolgere gli studenti durante la lezione. Harvard dispone di un dispositivo hardware con funzioni analoghe. Lo scopo è sviluppare nella lezione concetti già in parte appresi”.
Un esempio concreto quello del professore d’ingegneria Schiraldi, con la dimostrazione di come la tecnologia non deve essere vista come un qualcosa di opposto alla scuola, ma invece rappresenta un utilissimo aiuto a professori e studenti al fine di un apprendimento più completo e interattivo. “Il mio è un invito a sperimentare nuovi e diversi modi di insegnare avvalendosi anche di tecnologie ora disponibili e che si avvicinano al modo di comunicare dei giovani che abbiamo di fronte. Nonostante la didattica non paghi – conclude Schiraldi – nel nostro Paese ci sono atenei e docenti che continuano a farsi in quattro per innovare, spesso superando il livello delle più prestigiose università internazionali. Anche nonostante la depressione che vive il sistema universitario italiano”.

 

 

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