Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, risponde allo sfogo esasperato di Andrea Crisanti a margine di un evento letterario, “Una montagna di libri”, che si sta svolgendo a Cortina d’Ampezzo (Belluno).
Il professore Crisanti, microbiologo eletto al Senato per il Pd, aveva dato del “malvagio” a Zaia, commentando l’ultima inchiesta della trasmissione di Rai Tre, Report, andata in onda questa settimana.
La questione è la presunta compravendita di tamponi rapidi anti-Covid falsi o difettosi acquistati dalla Regione, che avrebbero provocato l’abbandono dell’Università di Padova da parte del professore.
Il quale, intanto, denuncia un “clima di intimidazione”, favorito da Zaia, per cui si configurerebbero reati e che Crisanti stesso intende “inchiodare” alle proprie responsabilità.
Molto pacato, invece, Zaia, nella sua risposta ai giornalisti: “Ho scoperto che ci sono quattro telefonate mie, io non ero intercettato, mi hanno detto che non potevano essere pubblicate, ma non importa, sono responsabile di quello che dico, e lo confermo. Ma la roba straordinaria è che io parlo in veneto e sono tutte in italiano. Non è una battuta, perché toni e modalità sono diverse”.
“Al di là delle battute, dico al mio dirigente che è un po’ che va avanti questa solfa che abbiamo denunciato Crisanti. Non è vero. Non sono mai state negate le risposte, gli investimenti, e tantomeno, ad oggi, anche se non so che fine abbia fatto il comitato scientifico per il Covid, nessuno ha mai sostituito il professor Crisanti”.
Per Zaia, Crisanti “resta un valido professionista. Non ho nulla da dire, mi spiace. Ma, mettevi nei miei panni: era l’agosto 2020, io ero in vacanza, mi chiama un giornalista che mi dice: ‘il professore ha distribuito tutte le copie dei whatsapp che gli hai mandato’. Queste erano le mie giornate.”
Sul rapporto con il professore, Zaia chiosa: “Se fate ricerche di mie dichiarazioni non ne trovate in due anni e mezzo, avrete tentato in tutte le maniere, ma non ho mai dichiarato nulla. Devo dire che io ho sempre creduto al lavoro di squadra e l’ho sempre portato avanti. In team abbiamo altri accademici, potrei fare una lista infinita di accademici che sono tutti nel Comitato tecnico scientifico regionale Covid assieme al professor Crisanti”.
Sul rapporto con il microbiologo, Zaia ha detto che “l’ho conosciuto dopo il 21 febbraio 2020. Accade il primo decesso, purtroppo, il signor Trevisan di Vo’. Io, quella sera, da solo, decido di chiudere Vo’, di fare 3.500 tamponi. Sta diventando una leggenda metropolitana. Questo professore, che io non conoscevo e non avevo mai sentito e mai visto, mi chiama, e secondo me con un’intuizione mi dice che ho fatto una roba che non esiste nel mondo scientifico. ‘Lei, mi dice, ha tamponato 3.500 abitanti, li ha chiusi, e quindi ha creato un’enclave dove noi possiamo studiare il virus. Mi finanzia, credo fossero 300.000 euro, il giro dei tamponi alla fine della quarantena, e vediamo cosa è accaduto'”.
“Alla fine abbiamo visto che 83 positivi erano diventati negativi, abbiamo visto che c’era la negativizzazione. Poi tutta una serie di altre riflessioni che competono al professore e al mondo accademico. Ma i tamponi li ho fatti io, lo dico non per narcisismo ma perché il tavolo dei tecnici mi aveva detto che non si poteva fare perché era contro le linee guida dell’Oms”.