È possibile che un peluche tradisca i più intimi segreti di un bambino? Ebbene sì, può accadere. È di pochi giorni fa la notizia secondo cui diverse centinaia di migliaia di dati sensibili siano stati lasciati incautamente esposti dalla Spiral Toys, nota azienda americana produttrice dei Cloud Pets, animaletti di peluche in grado di collegarsi ad app e console e interagire con i propri fruitori. Si stima che la fuga di dati si attesti intorno agli 800.000, tra email e password, e a più di 2 milioni di registrazioni vocali.
Nell’era dell’internet delle cose, il bisogno di collegare oggetti di tutti i giorni con il web si è spinto ad abbracciare, già da tempo, anche il settore dei giocattoli. Gli smart toy offrono ai bambini un nuovo genere di divertimento: l’interazione diretta. Il peluche 2.0 ascolta ciò che dici, lo registra e lo rielabora, rispondendo in maniera più che sensata; osserva quel che fai e lo fotografa. Raccoglie, insomma, tutta una serie di informazioni personali che, secondo norma di legge, dovrebbero essere ben tutelate.
Normalmente, l’intenzione dei creatori è di tipo puramente educativo e lungi dal voler compromettere la privacy degli utenti (specie poiché si tratta di bambini), ma spesso non vengono presi in considerazione, con la dovuta serietà, gli aspetti che riguardano la privacy e l’hacking.
Quelle spie camuffate da smart toy
Gli ultimi casi eclatanti di spioni tecnologici – che vede come più recente quello della Spiral Toys – sono stati denunciati da una coalizione di diverse associazioni internazionali alla Federal Trade Commission, mentre l’Organizzazione del consumatori europea si è rivolta alla Commissione UE. I giocattoli incriminati sono due, entrambi prodotti dalla Genesis Toys: My Friend Cayla e I-Que Intelligent Robot. Sia la bambola che il robot sono dotati di microfono e di speaker che si collegano, tramite Bluetooth, a una app da installare sul proprio smartphone: una volta avvenuto il collegamento, tramite la app si può avere accesso anche a tutti i dati conservati sul cellulare (hardware, memoria, microfono, W-Fi). In questo modo, è chiaro come la sicurezza e la garanzia di rispetto della privacy siano piuttosto carenti. I due smart toy sono dei veri e propri spioni domestici, in grado di acquisire informazioni riservate che la società produttrice potrebbe tranquillamente rivendere a società terze, che le sfrutterebbero per scopi puramente commerciali.
L’internet delle cose è, oggi, al centro del progresso tecnologico: sta cambiando la nostra vita rendendoci costantemente connessi e interconnessi tramite oggetti di uso domestico. Una stima delle maggiori società di ricerca porta a vederne la diffusione fino a 25 miliardi di apparati entro il 2020, il che significa una straordinaria opportunità di business per tutti gli operatori del settore. E per quel che riguarda il solo mercato degli smart toy, una ricerca della Juniper Research – compagnia d’analisi britannica – stima che si arriverà a toccare gli 11,3 miliardi nel 2020. Insomma, una realtà destinata a diventare parte integrante della quotidianità dei più piccoli e con la quale bisognerà imparare a convivere.