Un viaggio all’interno dell’Italia repubblicana, dai comunisti ai democristiani fino ai padani e ai berlusconiani, per raccontare tribù e sottotribù politiche che hanno affollato il nostro paese fino ai giorni nostri. Filippo Ceccarelli torna in libreria con “Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua”, un racconto antropologico fatto di aneddoti e curiosità che il giornalista di Repubblica è riuscito a mettere insieme grazie al suo imponente archivio personale (334 raccoglitori e 1500 cartelle).
Ospite del direttore artistico Filippo Rossi al Teatro Caffeina di Viterbo, Ceccarelli ha spiegato il senso del titolo, “invano”, sintesi del tentativo di chi gestisce il potere di ingannare la morte, fingendo che non esista. Sottolineando l’importanza della memoria: “Oggi nessuno ricorda più il passato, anche quello di buono che c’è stato in questo Paese. E senza memoria non si fa che ripetere gli stessi errori già fatti”.
La nuova classe politica viene definita “questi qua”, una macrocategoria che non si ferma a Salvini e Di Maio ma comprende anche Renzi: “Una nuova razza di animali politici, vestono tutti allo stesso modo, sono onnipresenti sui social. Ma non hanno cultura politica. Sono velocissimi, si muovono facilmente nel nuovo mondo orizzontale ma non hanno un vero e proprio consenso da parte del popolo, più un assenso. Molto più volatile. E per questo rischiano di avere carriere molto più brevi”.
Per capire come siamo arrivati a questo punto, Ceccarelli si lancia in tanti capitoli che attraversano lo Stivale a partire dalla Dc, raccontata non solo tramite le cronache dei giornali ma anche tramite dettagli meno noti, come i record a carte di De Mita o la paura di rimanere in mutande di Aldo Moro che lo portava a indossare sia la cinta che le bretelle in contemporanea.
Con la consapevolezza che il potere non è soltanto la bella vita, le trasgressioni e i privilegi ma anche una spada affilata costantemente sopra la testa di chi lo gestisce: “I vari capi italiani hanno fatto tutti una fine orribile, da Mussolini a Craxi fino a Berlusconi”.
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