L’Italia non è un paese per giovani. Nonostante le tante misure in campo, decine anche a livello regionale, sono sempre meno i giovani imprenditori in attività: le aziende under 35 registrate sono, infatti, crollate del 19% negli ultimi sette anni. Se ne contavano 697.426 nel 2011, un periodo in cui la crisi iniziava a lasciare il segno e a togliere ossigeno a tutti i comparti produttivi. A settembre 2018 – come emerge dai dati Infocamere – il numero delle “baby” imprese si è ridotto a poco più di 563mila. Che cosa è successo?
La riduzione dello stock per oltre 134mila unità non è in linea con il calo demografico della popolazione tra i 18 e i 35 anni che, pur non arrestandosi, nello stesso arco di tempo si è fermato, secondo l’Istat, al -5 per cento. Inoltre, il crollo non può essere neanche imputato del tutto alla più generale flessione economica: tra il 2011 e oggi le attività complessivamente registrate sono rimaste per lo più stabili (-0,1 per cento).
Quella delle “baby imprese”, quindi, sembra essere una vera e propria frenata. Lo stupore è ancor maggiore se si pensa al pacchetto di misure a favore dell’imprenditoria giovanile adottate negli ultimi anni. Ogni recente governo, chi più chi meno, ha approvato iniziative specifiche volte a finanziare o a semplificare l’autoimprenditorialità e, più in generale, la galassia delle start up innovative, dove nel 45,2% casi è presente un under 35 nella compagine sociale.
Tra questi interventi basta pensare, per ultimo, all’incentivo “Resto al Sud” introdotto dal governo Renzi con il Dl 91/2017 e potenziato dalla manovra presentata in questi giorni. Seppur destinato alle sole otto regioni meridionali, il provvedimento ha riscosso grande interesse: dal 14 gennaio ad oggi sono circa 4.800 le domande presentate, di cui 1.750 già approvate per 52,5 milioni di euro impegnati. A funzionare è lo sportello telematico gestito da Invitalia e il particolare mix agevolativo (con il 35% a fondo perduto) su un programma di spesa fino a 200mila euro.
A questo pacchetto di misure se ne affiancano tante altre attivate sul territorio da Regioni, enti e organismi locali. Ma nonostante gli sforzi, alcune difficoltà – prima tra tutte quella di reperire capitali – frenano le aperture dei giovani: dati alla mano, non solo lo stock, ma anche le nuove iscrizioni di imprese under 35 sono in netto calo.
Servizi postali, ristoranti e bar, telecomunicazioni, pulizie e giardinaggio, parrucchieri o centri benessere. Sono le attività più gettonate dalle imprese junior iscritte nelle Camere di commercio italiane, quelle con un titolare under 35. Quasi tutte sono micro-imprese (meno di 9 addetti), spesso sono own-account workers, quindi senza impiegati. I dati, però, ci restituiscono un dato allarmante.
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