L’Italia ha comunicato ufficiosamente alla Cina la decisione di non continuare la collaborazione sulla Via della Seta digitale. Questa decisione, già parzialmente prevista, solleva interrogativi su come cambieranno i rapporti tra Roma e Pechino e se comporterà contraccolpi, soprattutto a livello economico, per l’Italia, che ora decide di abbandonare la Cina.
Via della Seta, chi ha firmato accordi legati al progetto
Il governo italiano, già da tempo, aveva mostrato incertezze e ripensamenti sul progetto economico e politico lanciato nel 2013 dal leader cinese Xi Jinping. La notizia ora è che il Ministero degli Esteri italiano avrebbe inviato una lettera all’ambasciata cinese comunicando che il Memorandum, firmato nel 2019 e che riguarda la Belt and Road Initiative (BRI), non verrà rinnovato alla scadenza del 22 marzo 2024.
Tajani: “La via della Seta non è la nostra priorità”
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha confermato che la Via della Seta non è più una priorità per l’Italia, sottolineando che la partecipazione non ha prodotto gli effetti sperati. Tuttavia, ha rassicurato sulla ferma volontà di sviluppare e rafforzare la collaborazione bilaterale con la Cina, concentrando gli sforzi sugli aspetti commerciali per rafforzare la presenza italiana sul mercato.
Il Memorandum del 2019 aveva l’obiettivo di ampliare la collaborazione tra Italia e Cina in settori strategici come i trasporti, gli impianti siderurgici, i cantieri navali e la produzione di energia, con l’obiettivo di generare accordi del valore di 20 miliardi di euro. Tuttavia, l’Italia è l’unico Paese del G7 a sottoscriverlo, generando tensioni tra i partiti della coalizione di governo. La decisione di non rinnovare il Memorandum è un segnale della diversa strategia del governo italiano e riflette cambiamenti nei rapporti globali e la percezione di minacce in ambito digitale e tecnologico da parte della Cina.