Cosa c’entra l’Italia con la guerra di Erdogan in Siria? Il 9 ottobre è partita l’offensiva turca contro i curdi, e nei prossimi interventi potrebbero essere utilizzate le armi che l’Italia ha venduto alla Turchia, diventando così “indirettamente complice” del massacro. Il nostro Paese, infatti, dal 2016 al 2018 ha ricevuto autorizzazioni per l’esportazione di 761,8 milioni di euro di armamenti verso la Turchia. 362 milioni solo nell’ultimo anno. A certificarlo è la relazione di Camera e Senato resa nota nel maggio scorso.
Questa cifra, come riportato nello stesso documento, “colloca la Turchia tra i primi 25 Paesi destinatari di licenze individuali di esportazione nel 2018”, per la precisione tra i primi tre, dopo il Qatar e il Pakistan. Se invece teniamo conto del dato complessivo a partire dal 2015 le autorizzazioni concesse per l’esportazioni di armi salgono a 890,6 milioni di euro.
Cgil, Arci, Anpi, e Rete italiana per il disarmo hanno già fatto un appello pubblico al ministro degli Esteri Di Maio perché fermi la vendita di armi alla Turchia. Alla luce degli attacchi degli ultimi giorni resta infatti discutibile che questo tipo di forniture possa continuare ad essere autorizzata in base alla normativa italiana. La legge 185 del 1990 impedisce chiaramente che si possano inviare armi “in paesi in stato di conflitto”, per questo l’invio di bombe, aerei e munizioni da parte dell’Italia risulta estremamente problematico.
Capire quali tipologie di armamento l’Italia stia esportando verso la Turchia è decisamente complesso. Ciò che è sicuro è che l’Italia invia armi complete, non si parla infatti di “semilavorati” ma di “bombe e missili”. Nel 2008 l’azienda di Stato AugustaWestland, poi confluita in Finmeccanica e oggi nota come Leonardo, aveva concesso all’azienda turca Tai (Turkish Aerospace Industries), una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani AW 129 Mangusta.
Grazie a questa licenza la Turchia ha potuto produrre in casa l’elicottero T129 ATAK, una copia dell’elicottero da attacco italiano. Il contratto di licenza ammontava a oltre 1,2 miliardi di euro e gli elicotteri venivano realizzati completamente in Turchia, il “know-how” però era italiano. Il frutto dell’inchiesta è stato reso pubblico anche attraverso un video, realizzato in collaborazione con il programma Report. Tra i primi a darne notizia, il giornalista Antonio Mazzeo.
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