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Kataleya scomparsa, la Procura di Firenze segue una nuova pista: “Ecco dove l’hanno portata”

Non si trova ancora nessuna traccia di Kataleya, la bambina peruviana scomparsa lo scorso 10 giugno nei pressi dell’ex hotel Astor di Firenze, dove viveva insieme alla sua famiglia. Diverse le piste seguite dagli inquirenti, coordinati dalla Procura del capoluogo toscano. Ora però le speranze si riaccendono. Come riferisce il quotidiano Il Tempo, infatti, i magistrati fiorentini da un paio di giorni avrebbero tra le mani una nuova traccia che porterebbe fino in Perù dove Kata sarebbe tenuta prigioniera dopo essere stata rapita.
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Kataleya rapita prigioniera Perù

Nuova pista su Kataleya: rapita e tenuta prigioniera in Perù

“La bambina sarebbe viva – ci racconta, in via confidenziale, una nostra fonte riservata – E sarebbe stata portata in Perù”, dove ora è prigioniera. Così scrive Il Tempo. “Gli inquirenti, in queste ore, starebbero concentrando tutti gli sforzi investigativi in questa direzione, anche se non sarà facile giungere a dama. E poter, finalmente, rivedere il sorriso raggiante sul volto di Kataleya. E della sua famiglia”, si legge ancora sul quotidiano romano. Una confessione che sarebbe arrivata durante uno degli innumerevoli interrogatori di queste ultime settimane. Nonostante i dubbi sulla ricostruzione dei fatti, gli inquirenti che indagano sulla scomparsa di Kataleya si dimostrano speranzosi.

L’ipotesi investigativa è che Kataleya sia stata rapita e tenuta prigioniera in Perù per ‘punire’ i suoi familiari di qualche sgarro che avevano commesso, probabilmente ai danni di alcuni loro connazionali. “C’è chi sa bene cosa è successo a Kata e perché. Almeno tre persone. Gli investigatori non hanno imboccato la pista risolutiva. Serve uno scarto in avanti”, dichiarano gli avvocati della famiglia di Kata, Zanasi e Matteoni.

“Non bastano chiamate in correità generiche tipo ’quello ha commesso quel reato’. Qualcuno deve autoaccusarsi. – prosegue Zanasi – Rapimento organizzato, qualcuno ha preso Kataleya e non sappiamo come. Fa pensare a qualcosa di grosso, ad attività illecite che proliferavano in quell’ambiente. Una donna romena, un uomo peruviano, un suo aiutante. Gestivano tutto all’Astor. E tutto sapevano”, conclude.
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