Ancora mistero fitto su Kataleya, la bimba scomparsa dall’ex hotel Astor di Firenze. Gli inquirenti indagano in tutte le direzioni e sono diverse le piste seguite. Tra queste c’è anche quella che parte dal tentativo di pestaggio subito il 28 maggio scorso da Manuel M.P. L’uomo originario dell’Ecuador si è buttato dal balcone del suo appartamento al terzo piano per sfuggire a un gruppo di persone che volevano linciarlo. Il 40enne potrebbe rivelarsi un testimone chiave.
>>>>>> Kata, spunta un video shock
Leggi anche: Kataleya: il padre suggerisce uno scambio di persona e si apre una nuova pista
Scomparsa Kataleya: parla il testimone Manuel
“Sono arrivato all’hotel Astor il 2 marzo. – racconta Manuel a Repubblica – Prima stavo in una stanza da un’altra parte. Mi sono buttato da dieci metri la sera del 28 maggio perché mi volevano ammazzare. Ero nella stanza al terzo piano con la mia fidanzata e sono arrivati per sfondare la porta. Erano circa 15 persone, avevano mazze da baseball, bastoni, spranghe di ferro. Io e la mia fidanzata ci siamo messi contro la porta, cercando di non farla crollare. Erano peruviani che stavano al primo piano del palazzo, cioè sotto i romeni. C’è chi dice ci fossero anche degli ecuadoregni ma non è vero. L’unico sono io”, spiega il possibile testimone della scomparsa di Kataleya.
“Devono indagarli, ho descritto chi mi ha colpito ai carabinieri. – prosegue Manuel – La frattura al braccio me l’ha fatta con una mazza. Mi ha colpito anche in testa. Non so perché mi hanno aggredito. Comunque quella sera hanno provato a sfondare anche le altre due porte al mio piano con dentro le famiglie. Ci volevano buttare fuori tutti. Non ho mai avuto problemi con nessuno.
È successo tutto all’improvviso. Se mi avessero minacciato nei giorni precedenti avrei chiamato la polizia. Quando ho capito che non riuscivamo a tenere la porta e ho visto che entravano mi sono buttato di sotto. Cercavano me. Ho parlato alla mia fidanzata subito prima che fossero dentro e le ho detto che se mi prendevano mi avrebbero ucciso. Io sono finito su una macchina e sono svenuto. Sono rimasto tre giorni al Cto di Careggi, dove devo tornare per un intervento al volto. Quando sono rientrato all’hotel la situazione si era tranquillizzata”.
La versione del testimone Manuel
“Non conosco il padre di Kataleya perché era in galera. – conclude poi Manuel parlando della scomparsa della bimba – La madre la conoscevo di vista perché stava all’Astor, al primo piano, ma non siamo amici. Non ci ho mai parlato. Al primo piano comandava un peruviano. Al secondo un romeno e una romena. Al terzo nessuno. Non so cosa sia successo a Kataleya. Quello che è successo a me non è legato al suo rapimento. Però devono indagare su quelli che mi hanno aggredito, su dove lavorano e dove prendono i soldi. Ora temo che vengano a cercarmi anche qui. Perché ho detto chi sono”.
Leggi anche: Kata, parla il generale Garofano, superesperto ingaggiato dai legali: “Ci sono poche speranze”
>>>>> Le novità sul Decreto Lavoro