Abbiamo incontrato Alessio Lorusso, Fondatore e CEO di Roboze. Lorusso è una di quelle menti geniali che il mondo intero ci invidia. Fieri della sua giovane età e di quel piglio che ha saputo guardare lontano grazie ad un’intuizione geniale, Lorusso è oggi segnalato da Forbes tra i giovani europei più promettenti secondo la classifica 30 under 30 nel settore Industry.
Nato a Bari, in quel Sud troppo spesso denigrato e che al contrario regala innovazione e lungimiranza, Lorusso si è fatto strada nel settore delle stampanti 3D, arrivando a depositare un brevetto e a guadagnare più di 1,4 milioni di dollari nei primi due anni attività.
La storia del giovane pugliese rappresenta la rottura delle barriere e il superamento dei pregiudizi e degli stereotipi: con passione e impegno si possono ottenere risultati incredibili. Business.it ve lo racconta in esclusiva.
1) Partiamo dalla sua esperienza personale, che inizia a 17 anni con la costruzione della prima stampante 3D e culmina con la fondazione di Roboze. Quando è nata l’intuizione?
Fin da piccolo ho sempre avuto una passione per la robotica e l’elettronica, nonostante il mio percorso di studi non fosse coerente. Studiavo infatti ragioneria con poco entusiasmo. I primi passi li ho fatti in una piccola officina meccanica, poi la passione mi ha spinto a cercare nozioni più dettagliate su internet.
Infine, ho acquistato la mia prima stampante 3D, o meglio un kit per assemblarla. Ci ho messo 7 mesi, ma è stata la mia grande rivelazione. Attraverso il processo di costruzione e montaggio, ho potuto capire come funzionassero tutti gli ingranaggi: ogni pannello, vite, filo elettrico e bullone, niente era più un segreto per me. Grazie alla lunga fase di assemblaggio ho potuto fare esperienza di quali fossero i difetti, i limiti e le problematiche della macchina. La mia grande avventura sarebbe stata quella di trovare una soluzione a tutti i problemi riscontrati: modificare la stampante 3D per migliorarla e avere l’opportunità di crearne una versione più performante.
Avevo inoltre intuito le grandi potenzialità che offriva il mercato, in quanto mancava un’area di produzione tra le stampanti industriali più costose, ma precise, e le macchinette dal assemblare tramite kit, che proponevano risultati molto scarsi.
Esattamente al centro mancava un prodotto meno costoso, che però offrisse performance più precise e sicure. Il target di riferimento era sicuramente quello della piccola e media impresa, non solo nel bacino italiano ma a livello internazionale. Era giunta così la mia grande opportunità.
É nata Roboze e con essa l’innovazione e lo sviluppo che caratterizza una startup. Superare i limiti, capire le esigenze di mercato e offrire ai clienti ciò di cui hanno bisogno nel modo più veloce possibile. Questa è la sfida quotidiana che tuttora ci accompagna. Abbiamo depositato un brevetto: il Beltless System, unico al mondo. Si tratta di un sistema di movimentazione degli assi, costruito in acciaio temprato, che riesce a garantire ripetibilità massima degli oggetti stampati e minima manutenzione della macchina. Eppure la nostra avventura è appena cominciata! La voglia di crescere e di imparare per perfezionare i nostri modelli ci accompagna nel percorso di perfezionamento e innovazione. Il nostro è un settore in crescita, il momento è quello giusto per specializzarsi e acquisire maggiori competenze tecniche.
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3) Le sue stampanti sono altamente tecnologiche. Come si pone nei confronti del tecnologico usato nella vita di tutti i giorni?
Credo nella tecnologia e credo che riesca a facilitare molte azioni quotidiane. Ma ritengo che ne vada fatto un buon uso. Se mi guardo intorno vedo due atteggiamenti agli antipodi, entrambi negativi a mio avviso. Chi si tiene lontano da tutto il mondo tecnologico e digitale, pensando di restare fuori dalla dipendenza che ne deriva. Così facendo, però, viene automaticamente escluso dal progresso. Al contrario, ci sono persone che ne fanno un uso improprio, sempre davanti ad uno schermo, perdendo di vista le cose utili e la distanza che naturalmente dovrebbe porsi in mezzo.
Sono il primo a pensare che crescerei un bambino senza un uso spropositato e impersonale dei dispositivi contemporanei di fruizione mediale. Al tempo stesso credo nelle grandi potenzialità di questi mezzi e di come, utilizzati bene e nella giusta misura, possono davvero fare la differenza.
4) Secondo la sua opinione, l’Intelligenza Artificiale potrà prima o poi prendere il posto dell’uomo nei luoghi di lavoro? Prova timore o fiducia?
L’Intelligenza Artificiale ha già preso piede in moltissimi settori, ma di certo non ha sostituito l’uomo. Se prima esistevano mestieri che adesso possono svolgere le macchine significa che c’è stata una riqualificazione dei ruoli. C’è, invece, la necessità di una maggiore specializzazione. Si ha bisogno di figure che prima non esistevano, come ingegnegneri progettatori, figure tecniche specializzate appositamente nel mio settore, le stampanti 3D. La paura verso l’A.I. non ha motivo di svilupparsi perché, per un ruolo umano che viene sostituto da una macchina, ce ne sarà sempre un altro che avrà bisogno del nostro ingegno. Bisogna quindi cogliere le opportunità e farsi trovare pronti all’imminente rivoluzione tecnologica.
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5) Il business della tecnologica: è vantaggioso investire in questo ambito?
Certo è vantaggioso ma ci vogliono competenze, lavoro, passione. La mia esperienza personale mi insegna che con costanza si possono raggiungere ottimi risultati. Sono partito da zero, anzi da sottozero. Non sapevo niente di questo mondo, ma ero curioso. Internet è stato fondamentale. Nonostante i commenti negativi, dà accesso all’informazione libera. Grazie al web ho trovato tutte le informazioni che mi servivano per acquisire le competenze di cui necessitavo. É stata la mia università da autodidatta. Ovviamente non è stato facile fondare un’azienda dal nulla, ma i soldi arrivano quando dietro c’è tanto lavoro e lungimiranza. Non devono essere l’obiettivo primario.
6) Quali consigli offre ai giovani che, come lei, vogliono avere successo nel settore tecnologico?
Mi ripeto. L’obiettivo non deve essere quello di fare soldi. La passione prima di tutto. Appassionarsi a ciò che si fa, studiare per imparare nuove conoscenze da applicare sul lavoro, rischiare, crederci deve venire prima di qualsiasi fine economico. Solo così, pensando ad offrire qualità attraverso un prodotto che supera la concorrenza grazie al lavoro che c’è dietro, si può pensare di fare anche business.