Ripensare il concetto di cura, renderla planetaria e interconnessa, insomma open source, perché pensata da tutti e per tutti. Con questo pensiero è nato il progetto La Cura una performance a cavallo fra malattia, arte, tecnologie e reti digitali che ha vinto l’edizione 2016 del Funky Prize.
Il premio è dedicato al professor Marco Zamperini, l’informatico italiano chiamato “funky professor” che ha dato un contributo importante allo sviluppo di Internet, scomparso nel 2013. Per ricordare la sua figura, il Funky Prize – 15.000 euro – viene attribuito a quelle idee che, attraverso il digitale migliorano la vita delle persone, generano scambio, cooperazione e innovazione.
A vincere quest’anno è stato appunto il progetto nato dalla spinta dell’ingegnere/hacker Salvatore Iaconesi e Oriana Persico. Nel 2012 a Salvatore è stato diagnosticato un cancro, un’esperienza che lo ho portato ad avviare una campagna – diventata poi globale – per cercare una cura “open source”. “Il cancro è la metafora della perdita di senso della nostra società contemporanea, e dell’unica cura possibile: le relazioni”, dicono Iaconesi e Persico. In questi anni con la loro rete hanno prodotto centinaia di opere d’arte, dalla danza, al projection mapping, alla stampa 3D, dalla poesia al fumetto; paper e ricerche scientifiche; servizi e nuovi dispositivi.
Cinque i continenti coinvolti, un libro, e una summer school con 32 studenti da Europa, Turchia, Serbia, Stati Uniti, Messico e Canada, insieme per la creazione di una nuova tattilità: un senso aumentato, sotto forma di una tecnologia indossabile, che ci renda sensibili all’interconnessione.
Le motivazioni della giuria del Funky Prize
“La Cura ha dimostrato negli anni di essere un metodo per affrontare temi sociali – dall’istruzione alla salute, dall’ambiente all’innovazione – usando le reti, le tecnologie e soprattutto le relazioni umane, scoprendo nuove forme di solidarietà e nuovi modi di agire insieme”, si legge nelle motivazioni della giuria. “Un metodo in cui l’arte e la creatività svolgono il ruolo di sensori e di catalizzatori dell’immaginario, capace di attraversare contesti differenti, perché basato sul desiderio, non sulla competizione. E sull’ecosistema. Nella Cura non ci sono supereroi, ma persone connesse”.