Giorgia Meloni come Mario Draghi. Il suo governo decide infatti di tagliare il cuneo contributivo, cioè il costo del lavoro, interamente a beneficio dei lavoratori dipendenti. La scelta, comunicata dal presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di presentazione della manovra economica, scontenta la Confindustria che premeva affinché quel beneficio fosse ridotto a un terzo di quanto invece stabilito.
Passando alle cifre, il taglio del cuneo rimane invariato al 2% per i redditi da 20mila a 35mila euro lordi, che non otterranno quindi nessun maggior guadagno. Taglio che cresce fino al 3% per i redditi fino a 20mila euro. Fatti due calcoli si scopre che in questo modo, nel 2023, circa otto milioni di lavoratori riceveranno fino a 200 euro lordi in più, 144 euro netti: 11 euro netti in più al mese, compresa la tredicesima.
Il governo Meloni decide dunque di seguire le orme del suo predecessore Draghi confermando il taglio di 2 punti percentuali dei contributi previdenziali voluto dall’ex premier per mettere più soldi nelle buste paga di 13,8 milioni di lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro lordi. Il taglio draghiano era stato effettuato in due fasi separate durante il 2022: dello 0,8% da gennaio a giugno e di un altro 1,2% arrivando al 2% da luglio al 31 dicembre di quest’anno.
Misura di Draghi che sarebbe scaduta tra poco più di un mese se non fosse intervenuto il nuovo esecutivo. Il costo per le casse dello Stato dell’operazione voluta dalla Meloni sarà di 4,2 miliardi. A beneficiare dunque di un altro aumento, anche se ridotto, saranno come già accennato i redditi fino a 20mila euro annui. Anche se il netto in busta sarà al massimo di 11 euro al mese. In totale 600 euro lordi annui in più rispetto al 2021 che si traducono in 433 euro netti.
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