La legittima difesa è legge: con 201 sì, 38 no e sei astenuti, l’aula del Senato ha approvato in via definitiva la riforma, provvedimento fortemente voluto dalla Lega. Il testo è identico a quello approvato dalla Camera e quindi, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, entrerà in vigore. Nove in tutto gli articoli i quali, oltre ad apportare modifiche in materia di legittima difesa domiciliare e di eccesso colposo, intervengono su alcuni reati contro il patrimonio (furto in abitazione e rapina) e sul delitto di violazione di domicilio. Dopo la votazione, lunghi applausi dai banchi del Carroccio. In aula c’era anche il vice premier Matteo Salvini.
Ma cosa prevede, nello specifico, la riforma? Il punto centrale è l’articolo 1, che va a modificare alcuni commi dell’articolo 52 del codice penale. Se prima in caso di violazione di domicilio doveva sussistere quel rapporto di proporzione tra difesa e offesa previsto dal comma 1, ora quel rapporto esisterà sempre nei casi di legittima difesa domiciliare. Grazie all’introduzione di un ulteriore comma, cioè il quarto, viene ampliato e definito il concetto di offesa: sarà sufficiente che il ladro minacci di essere armato per potersi avvalere della legittima difesa, mentre in passato era necessaria una valutazione più accurata della proporzione tra offesa e difesa.
Inoltre l’articolo 2 della nuova normativa punta a rendere sempre legittima la difesa se chi ha agito lo ha fatto in “stato di grave turbamento”. Nei casi di violazione del domicilio o del luogo di lavoro se si è agito per difendere se stessi o qualcun altro, cioè se ci sono tutte le condizioni previste dall’articolo 52, non può essere punito chi ha agito perché turbato dalla situazione. Un termine che non è contemplato dal codice penale e che quindi il giudice dovrà interpretare di volta in volta.
Il testo prevede un inasprimento delle pene per un’ampia platea di reati. Si parte dalla violazione di domicilio, che sarà punita da uno a quattro anni (non più da sei mesi a tre anni) per “chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno” e da due a sei anni, e non più da uno a cinque, “se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato”.
Per il furto (614 bis c.p.), invece, la forbice delle sanzioni passa da quattro a sette anni, in luogo dell’attuale formulazione “da tre a sei anni”.
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