Una lettera scritta da Giorgio Armani a WWD Women’s Wear Daily, rivista settoriale del mondo della moda, per fissare i punti della ripartenza quando l’emergenza coronavirus sarà alle spalle e ci sarà bisogno di fissare priorità, rallentando i ritmi di un mondo che finora ha viaggiato sempre con l’acceleratore spinto: “Il declino del sistema moda, per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più…Io non voglio più lavorare così, è immorale”.
“Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta. Io non lavoro così, trovo sia immorale farlo – ha scritto Armani – Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo, nella realizzazione di capi d’abbigliamento che suggeriscano un unico modo di acquistarli: che durino nel tempo. Per lo stesso motivo trovo assurdo che durante il pieno inverno, in boutique, ci siano i vestito di lino e durante estate i cappotti di alpaca, questo per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto debba essere soddisfatto nell’immediato”.“Chi acquista i vestiti per metterli dentro un armadio aspettando la stagione giusta per indossarli? Nessuno, o pochi, io credo. Ma questo sistema, spinta dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più autentico e vero. Basta spettacolarizzazione, basta sprechi. Da tre settimane lavoro con i miei team affinché, usciti dal lockdown, le collezioni estive rimangano in boutique almeno fino ai primi di settembre, com’è naturale che sia. E così faremo da ora in poi. Questa crisi è anche una meravigliosa opportunità per ridare valore all’autenticità”.
“Il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma ci offre la possibilità, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di togliere il superfluo, di ritrovare una dimensione più umana… Questa è forse la più importante lezione di questa crisi”.
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