Giorgia Meloni, come Matteo Salvini prima di lei, si iscrive al più singolare dei partiti. Quello dei leader che puntano il dito contro Giuseppe Conte e la scelta di convocare gli Stati Generali dell’economia, definendoli una passerella inutile e fine a sé stessa di fronte alla quale opporre un categorico “no grazie” per salire, piuttosto, su ben più illustri palcoscenici: quelli, ad esempio, della sempreverde Barbara D’Urso.
D’altronde, che la leader di Fratelli d’Italia non fosse proprio un esempio di coerenza era stato evidenziato a più riprese durante l’emergenza coronavirus, situazione imprevista di fronte alla quale i leader sovranisti hanno dato il peggio di loro alla ricerca di una visibilità di colpo scomparsa. Come dare del dittatore allo stesso Conte, accusato di violare i principi basilari della democrazia da chi, soltanto lo scorso anno, invitava alla manifestazione Atreju personaggi come Viktor Orbán, noto difensore dei diritti civili e della libertà di espressione.
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Vincenzo De Luca, accusato di fare “monologhi senza contraddittorio” e di volgarità per quella frase sul fondoschiena di Salvini (“peraltro usurato”). E invitandolo a pensare maggiormente ai problemi del suo territorio, una zona che soffre e che andrebbe aiutata.Tralasciando il discorso sull’operato del governatore, che pure tra bonus affitti e alle famiglie non pare essersi mosso più tardi o peggio di tanti suoi colleghi, è ancora una volta singolare notare come i leader sovranisti eleggano i salotti televisivi come loro habitat naturale dopo aver voltato le spalle ai tradizionali luoghi della dialettica parlamentare. Compresa quell’Aula tristemente lasciata vuota mentre il presidente del Consiglio tentava di sintetizzare il suo piano per il rilancio del Paese.
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