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La rabbia di Antonella psicologa disabile: “O il lavoro o l’assegno d’invalidità”

Sta facendo discutere la recente comunicazione dell’Inps, in cui l’istituto di previdenza sociale ha deciso di non riconoscere più l’assegno di invalidità a persone con disabilità parziale che svolgono qualsiasi attività lavorativa. Dunque persino un lavoretto, part-time e al di sotto dei 400 euro mensili, non darà più diritto al contributo di 242,84 euro. Antonella D’Aleo, 32 anni, è nata senza l’uso delle gambe a causa di una paralisi cerebrale. Dopo una laurea in Scienze e tecniche psicologiche e una specialistica in Psicologia del ciclo di vita in corso, dal 2015 fa l’operatrice sociale al Centro Padre Nostro di Brancaccio: ha cominciato con il servizio civile per poi ottenere negli anni contratti a tempo determinato su progetti. Adesso però Antonella si trova ad un bivio: continuare a lavorare da precaria, oppure restare a casa e continuare a percepire l’assegno d’invalidità. “Io sono già una disabile, non voglio essere costretta a esserlo”, ha detto la donna a Repubblica riferendosi alla decisione dell’Inps.

“La nota firmata dal direttore generale dice che per ottenere l’assegno la condizione deve essere quella di “inattività lavorativa”: in pratica mi sta dicendo che devo stare chiusa in casa a fare la disabile. Allora a cosa servono gli insegnanti di sostegno? A che cosa serve studiare? “, ha detto risentita la donna. La beffa per Antonella è che l’assegno che riceve mensilmente per la sua invalidità al 100%, è di 287 euro al mese: ” Più che altro un sostegno, una cifra davvero piccola “. Che copre solo in parte le spese che Antonella, che vive da sola con una madre non più ragazzina nel quartiere Sperone, affronta ogni mese per vivere. “Io sono autonoma per molte cose, ma per quelle fondamentali no: ho bisogno di aiuto per lavarmi e vestirmi, per cucinare, per raggiungere i posti. Pago un assistente perché anche per uscire di casa ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a entrare dentro all’ascensore che è molto stretto ” .

Per Antonella però oltre la questione economica, è proprio il principio dell’iniziativa dell’istituto di previdenza sociale che proprio non va: “Il lavoro mi realizza, mi fa stare bene”. Da sei anni infatti Antonella segue un gruppo di adolescenti di Brancaccio, oggi tra i 15 e 18 anni: li aiuta a fare i compiti e organizza per loro attività culturali. “Io ho una vita sociale, che difendo – ha detto la donna -. E sono abituata ad alzare la voce quando qualcosa non va. Non mi faccio strappare i miei sogni. La pensione è un diritto, come la libertà di scegliere come vivere”.

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