La scalata alla conquista della segreteria del Pd è iniziata. Marco Minniti è pronto a dare battaglia fino alla fine, combattendo la sua personalissima battaglia all’interno di un partito alla ricerca di sé stesso. Una carriera lunga, la sua, iniziata vent’anni fa ai tempi del primo governo Prodi e passata per quelli che il Fatto Quotidiano definisce ” gli oscuri territori dei Servizi, della Sicurezza interna, dell’Antiterrorismo”. “La sicurezza è di sinistra” una delle frasi che lo ha reso più celebre, in un’ascesa costante che lo ha visto arrivare al ruolo di ministro nel governo Gentiloni.
Spinosissimo il terreno in cui Minniti si muove ora, quel Pd che nonostante la batosta elettorale del 4 marzo continua a essere lacerato da guerre interne, correnti contrapposte, candidati sempre sul piede di guerra. Ma alle spalle del 62enne c’è una carriera ricca di esperienze, che ne hanno indurito la scorza. Iscritto al Pci a 17 anni, per dispetto alla madre che non lo aveva voluto militare, responsabile del partito a Gioia Tauro, poi a Roma dove inizia a collezionare incarichi di prestigio. Il governo D’Alema, poi quello Amato con il ruolo di sottosegretario alla Difesa.
Abbandonato D’Alema per sostenere Veltroni, nel secondo governo Prodi Minniti è sottosegretario all’Interno. Doveva finire al coordinamento dei Servizi segreti, ma salta tutto sul più bello. “Lord ofspies”, il signore delle spie, lo ha incoronato il New York Times. Pupillo di Francesco Cossiga, inventa con lui la Fondazione Icsa. Niente incarichi durante l’esecutivo Monti, poi un crescendo di nuovo con i vari Letta, Renzi e Gentiloni.
Sua la prima vera offensiva del ministero dell’Interno contro l’immigrazione. Dichiara: “Non è in gioco solo la perdita di consenso nel breve periodo, ma la tenuta del tessuto connettivo del nostro Paese, un pezzo del futuro della nostra democrazia”. La strategia è svuotare il mare presidiando le coste africane, fermare gli invasori prima che si imbarchino. Ora, la battaglia è con gli altri 6 candidati alla segreteria Pd, Zingaretti e Martina in primis.
Sovranisti di tutta Europa, unitevi! Anzi, no