Di male in peggio, dalla sconfitta abruzzese al crollo in Sardegna. Due elezioni regionali che hanno lasciato un verdetto senza appello, mettendo in evidenza l’enorme difficoltà di un Movimento per niente radicato sul territorio. A parole, i Cinque Stelle restano tutto sommato ottimisti (“Ci giochiamo tutto in Basilicata, lì inizierà la riscossa verso le europee”). Ma le cifre impietose dell’ultima tornata, con il partito sotto la soglia del 20%, obbligano a riflessioni ben più serie e impietose.
Il 4 marzo 2018 il Movimento raccoglieva nell’isola il 42% alle politiche. Meno di un anno dopo, lo scenario è stato rovesciato. Secondo il Corriere delle Sera la leadership di Di Maio non è messa in discussione. Il problema, semmai, è ragionare sull’infausto percorso che ha portato alla sconfitta, amarissima. Un disastro che parte dal lontano, con il pasticcio delle regionarie. Nell’agosto del 2018, le consultazioni online erano state infatti vinte da da Mario Puddu, sindaco di Assemini. Il 18 ottobre, però, ecco arrivare una condanna per abuso d’ufficio.
Puddu era stato così accantonato e, dopo qualche indecisione, si era tornati al voto online con l’esclusione anche del secondo classificato di agosto, Luca Piras, reo di aver criticato il Movimento e le sue regole. Una scelta che aveva acuito le tensioni, portando alcuni militanti a disertare l’urna virtuale e scatenando polemiche. A vincere era stato Francesco Desogus, 450 voti e molti mugugni. Nel frattempo diversi consiglieri sardi avevano lasciato e il gruppo regionale perdeva pezzi.
Oggi la sconfitta, già data per certa da molti. I vertici si sono defilati per tempo. Di Maio pensa alla riorganizzazione del Movimento, anche se per molti è già tardi. Resta aperta la partita della Basilicata, dove i Cinque Stelle partono da una situazione di maggiore equilibrio. Proprio per questo, però, un’eventuale, terza sconfitta finirebbe per fare ancora più male delle due precedenti. E solleverebbe dubbi inquietanti sul futuro pentastellato.
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