A seconda di quanti anni avete può essere più o meno difficile spiegare la sharing economy ai vostri genitori, ma sarà pur sempre complicato. Quello a cui abbiamo assistito in questi anni è un vero e proprio cambio di paradigma economico e comportamentale: sì, perché è vero che è in corso una delle peggiori crisi economiche degli ultimi anni, ma è pure vero che c’è tutta un’altra fetta di economia che sta crescendo a ritmi importanti (solo in Europa vale 28 miliardi di euro, e stando alle previsioni di PWC arriverà a 570 miliardi entro il 2025) e che continuerà a crescere di pari passo ai nostri cambiamenti culturali e sociali.
Se dovessimo spiegare il fenomeno ai nostri genitori diremmo che la sharing economy è quella cosa per cui possediamo sempre meno cose ma ne usiamo di più, per cui abbiamo accesso a servizi di lusso pur non essendo ricchi, per cui se non abbiamo soldi per i nostri acquisti, e la banca non ci fa credito, andiamo su Zopa e chiediamo un prestito a degli sconosciuti che saranno molto felici di accordarcelo. Quella cosa per cui non è più necessario possedere una macchina, una bicicletta o la casa al mare, perché possiamo usufruirne quando vogliamo accedendo ai servizi di car o bike sharing cittadini, oppure affittando un appartamento su AirBnb.
Riduzione dei costi, utilizzo on demand, nuove opportunità: questi i concetti chiave di un modello economico figlio della rete e del concetto di peer-to-peer, mutuato dalla tecnologia, oggi padrone di molti scambi commerciali attorno a noi. E se l’Europa cerca di spingere questo tipo di economia, in Italia abbiamo alcune forti resistenze normative che non consentono a tante nuove piattaforme di decollare: si pensi al caso Uber (costretta a chiudere il ramo UberPop dopo il ricorso dei tassisti) o al social eating, fenomeno ancora non regolamentato nel nostro paese ma che sta prendendo sempre più piede (conoscete Gnammo?). Il fenomeno sembra inarrestabile, e converrebbe adeguarsi e sfruttare le opportunità che la sharing economy offre anziché contrastarle con una rigidità normativa e corporativa a volte anacronistica.