Il ridesharing ora punta alla conquista dell’Asia e lo fa con Grab, startup che mira a ripetere il successo di Uber, magari scansando le polemiche furibonde che hanno caratterizzato l’apparizione dell’azienda statunitense in Europa.
Proprio Grab, azienda che ha mosso i primi passi nel 2011, in Malesia, ormai indicata apertamente come l’Uber del sud est asiatico, ha dato vita ad un clamoroso successo, che pone le basi per realizzare il proprio piano. I 500 milioni di dollari che hanno composto l’ultimo aumento di capitale della società, si sono infatti aggiunti a quelli raccolti in precedenza, portando il totale alla stratosferica quota di 2,5 miliardi. In conseguenza di questo dato, si tratta della cifra più alta mai raccolta da una startup nel corso della storia.
Il valore di Grab
La startup asiatica non ha voluto rilasciare valutazioni ufficiali, ma ci ha pensato Reuters, che prendendo come fonte ambienti vicini a Grab ha quantificato in oltre 6 miliardi di dollari la valutazione del brand alla fine delle contrattazioni.
A puntare su quello che si profila come minaccioso concorrente per Uber, sono stati in particolare il padre del ride sharing cinese, Didi Chuxing, e Softbank, nota per essere tra le principali aziende tech del Giappone.
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Grab in cifre
Perché personaggi come Didi Chuxing e Masayoshi Son, fondatore di Softbank, puntano con tanta decisione su Grab? Il motivo principale sta proprio nel successo già acquisito dalla società malesiana nel ride sharing. Nel sud-est asiatico, infatti, la startup è riuscita a controllare il 95% del settore, con un 71% di veicoli privati che danno vita a circa 3 milioni di corse ogni giorno. Ben 65 le città già oggetto delle cure di Grab e della fornitura di servizi privati in tutte le principali piazze dell’area.
Uber si trova in grave difficoltà
I successi della startup malesiana arrivano peraltro in un momento non proprio felice per Uber. La compagnia californiana. infatti, si ritrova alle prese non soltanto con una concorrenza sempre più agguerrita, in cui oltre a Grab va menzionata Go-Jek, startup indonesiana anch’essa premiata largamente dai mercati, ma anche con le difficoltà a sfondare sul mercato europeo. Le grandi proteste che hanno segnato l’arrivo di Uber in Paesi come Italia, Belgio e altri, hanno infatti costretto le istituzioni continentali a prendere in esame quanto sta succedendo. Con una intera categoria in subbuglio, l’azienda californiana non può certo fare finta di nulla, anche perché contemporaneamente deve tenere conto del ventilato progetto di Google per la guida autonoma dell’auto, che potrebbe letteralmente destabilizzare il settore.
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L’eccezione della Costa Azzurra
In un contesto estremamente problematico, tra grandi proteste di piazza che non di rado degenerano, Uber può però parzialmente consolarsi con il grande successo di UberCopter, il servizio di elicotteri messi a disposizione della clientela per muoversi meglio in una zona spesso congestionata dal traffico. Basti pensare che per congiungere Nizza a Cannes, bastano 160 euro, un prezzo estremamente competitivo che ha costruito le basi per una grande crescita del servizio. Considerato che la stessa tratta, fatta in taxi, può costare sino a 100 euro, si può meglio comprendere perché UberCopter potrebbe in futuro rivelarsi una vera gallina dalle uova d’oro, grazie al suo allargamento ad altre zone del continente europeo o degli Stati Uniti.
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