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La storia di Alessio, agente di polizia transessuale: “Ciò che sono non può essere messo da parte”

La storia di Alessio Avellino racconta di un traguardo personale importantissimo, ma è anche una storia che vuole essere di esempio per chi si ha paura di essere se stesso. “La rivoluzione passa anche dalle divise che non si uniformano e dalle uniformi che non si dividono”, così in un post su Facebook, il 26enne polizotto descrive la sua esperienza di allievo agente, entrato nel Corpo della Polizia di stato con i documenti da donna e diventato poi poliziotto riuscendo a giurare in pantaloni. “Non avrei giurato in gonna e tacchi, piuttosto avrei rinunciato a tutto anziché provare quella sofferenza. Quello che ero non poteva essere messo da parte per quello che facevo”, ha continuato il neo poliziotto sui social. “L’immaginario collettivo che vede un appartenente delle forze di polizia contrapposto alla coscienza sociale che sviluppa una persona LGBT+ autodeterminandosi deve essere trasformato”, ha spiegato Alessio dopo la sua elezione a presidente di Polis Aperta, l’associazione Lgbtqi+ di appartenenti alle forze di polizia e forze armate.

Alessio è uno dei pochi poliziotti transgender in Italia. Il 26enne originario di Napoli ha ricordato attraverso i canali social dell’associazione, la consapevolezza di dover affrontare il periodo di formazione considerato come una ragazza, perché così dicevano i documenti, è apparsa in tutta la sua drammaticità nell’agosto del 2019 quando è entrato a far parte del Corso per Agenti della Polizia di Stato. “La gioia della partenza fece spazio all’angoscia e alla paura di dover affrontare un percorso che poco aveva a che fare con la mia persona, la mia identità. Ho preso consapevolezza di una realtà più dolorosa di tutte le altre: le donne giuravano in gonna e gli uomini in pantaloni”, ha raccontato il poliziotto 26enne.

In quei giorni, spiega, scopre la storia di Michela Pascali, segretaria generale di Silp Cgil dichiaratamente lesbica: “In me, si aprì la speranza di poter avere un contatto con qualcuno che indossasse quei colori e non era completamente avulso dal mondo Lgbt+”. Così Alessio ha capito che non c’era niente di male nel cercare aiuto, e che nel suo percorso non era affatto solo. Al suo fianco infatti oltre Michela ha trovato anche altre colleghe e colleghi pronti a sostenerlo. Pascali lo aiuta, insieme alla compagna di stanza e ad altri che “Hanno fatto in modo che fossi Ale, dandomi il maschile nei momenti extra-formativi e alleviando l’inadeguatezza con la comprensione dettata dal cuore e non dalla conoscenza”.

Un percorso che infine lo ha portato a giurare in pantaloni, poco dopo il lockdown generale. “Ho giurato in pantaloni perché le molteplici divise che hanno incontrato la mia richiesta si sono spese uniformemente nella risposta al mio bisogno. E il giorno del giuramento è stato per me gioia, nonostante tutto, perché quello che ero si era, in parte, allineato con ciò che ero chiamato a fare”.

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