Hanno fatto il giro del mondo le immagini della donna con i suoi figli uccisa da un mortaio russo mentre attraversava il ponte di Irpin, alle porte di Kiev. Ora il padre di quella famiglia racconta la sua tragica esperienza alla stampa. Lui si chiama Serhiy Perebynis, ha 43 anni e di mestiere fa il programmatore. Quando ha saputo della morte della moglie Tetiana (43 anni) e dei figli Mykyta (18) e Alisa (9), è partito da Donetsk in Ucraina, passando per la Russia tra mille difficoltà pur di raggiungere i corpi dei suoi cari.
“Stavo fumando una sigaretta sul balcone dell’appartamento di mia madre a Donetsk, osservavo le bombe cadere sulla città. – racconta l’uomo – Con Tetiana avevamo studiato nel dettaglio il piano di evacuazione da Irpin e seguivo i suoi spostamenti su Google, con la condivisione della posizione. C’era poco campo, la T di Tetiana, sullo schermo, appariva e spariva. È ricomparsa sull’Ospedale Numero 7. Non capivo. Poi ho letto un tweet e ho visto quella foto. Ho urlato con tutto il fiato che avevo in gola. Da lì in poi, un unico pensiero: vederli un’ultima volta, dargli una sepoltura degna. Però Donetsk è nel Donbass filorusso, nessuno può entrare in Ucraina ora che i check-point sono ridotti in polvere”.
“Sono salito in macchina e sono andato a est, verso Rostov sul Don. – prosegue – Al confine le guardie mi hanno portato in una stanza per interrogarmi. Ho detto loro cosa mi era appena successo, non hanno reagito. Mi hanno tenuto lì per 5 ore, mormorando. Alla fine mi hanno fatto attraversare fino a un altro check-point. C’erano gli agenti dell’Mgb (l’intelligence di Donetsk), mi hanno strattonato fuori dall’auto, volevano arrestarmi. Ho mostrato loro i polsi, ‘arrestatemi, tanto non ho più niente da perdere’”.
“Poi in autobus fino all’aeroporto di Mosca. Da Mosca a Kalilingrad, in taxi fino alla dogana con la Polonia. Gli unici a provare pietà per me erano i tassisti russi, confessavano che era una guerra che non gli apparteneva. Da lì sono andato a Leopoli e poi Kiev in Ucraina. – si sfoga – Adesso mi hanno chiesto di entrare nelle Forze di difesa territoriali, per tornare a Irpin a sparare ai russi. Sto riflettendo.
Ho un fucile che è rimasto a casa mia. Mi spinge il desiderio di vendetta. E la voglia di proteggere la mia patria. Ho preso il pollice freddo di Tetiana e l’ho appoggiato sullo schermo del telefono, però non si è sbloccato, funziona solo con le persone vive. Dopo un po’ mi hanno consegnato tre bare. Ho vestito Mykyta e Alisa, ho vestito la mia Tetiana, li ho sepolti nel cimitero di un villaggio a sud della capitale”.
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