La verità sulla fuga dell’oligarca russo Artem Uss dall’Italia. Il figlio del fondatore di Vostok Oil, la multinazionale russa del petrolio, è scappato dai domiciliari cui era sottoposto nella sua casa di Basiglio, in provincia di Milano, lo scorso 22 marzo. Era in attesa dell’estradizione negli Usa. Il 14 aprile la Corte d’Appello di Milano ha chiarito che non era suo il compito di aggravare lo stato dei domiciliari per l’oligarca. La Procura avrebbe dovuto presentare una documentazione in merito, e anche il ministero della Giustizia. Da qui le ondate di critiche al ministro Nordio di questi giorni. Una distrazione che odora di connivenza. Ecco perché.
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Ecco la verità dietro la fuga di Artem Uss dall’Italia
Repubblica scrive che l’imperdonabile “distrazione” della giustizia Italiana nasconde la verità sulla fuga dell’oligarca russo Artem Uss dall’Italia. “Se si vuole comprendere pienamente l’affaire Uss allora bisogna spiegare che il padre del fuggitivo – Alexander, ndr – non è solo il governatore di una ricca regione siberiana, ma è soprattutto l’artefice del più grande progetto di sviluppo petrolifero del mondo“. Si tratta del “programma Vostok Oil, una cornucopia da mille miliardi di dollari. Un eldorado di giacimenti da sfruttare e di impianti da costruire, superiore alla megalomania di qualunque sceicco: 115 milioni di tonnellate di idrocarburi, decine di raffinerie, ottomila chilometri di condotte”.
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“Vostok Oil è stato inventato da Alexander Uss e dal numero uno della compagnia energetica Rosneft: Igor Sechin, ex colonnello del Kgb ritenuto la persona in assoluto più vicina a Vladimir Putin, così temuto in patria e all’estero da venire chiamato Darth Vader, come il principe delle tenebre di Guerre Stellari”. Qui la domanda fondamentale: “Possibile che i nostri apparati di sicurezza ignorassero tutto questo?”.
La fuga di Artem Uss e il peso di Vostok Oil in Italia
“Artem Uss anche negli atti giudiziari è stato trattato come un normale imprenditore che voleva investire nel nostro Paese mentre decine di siti investigativi russi, inclusa la fondazione di Aleksej Navalnyj, lo considerano il prestanome a cui il padre ha affidato i forzieri accumulati nella sua carriera politica. E il fatto che nessuno controlli chi sono gli oligarchi che acquistano beni e trasferiscono fondi attraverso società cipriote – come ha fatto Artem Uss per comprare alberghi e terreni in Sardegna – è forse ancora più preoccupante della mancata vigilanza sugli arresti domiciliari nella cascina di Basiglio”.
A meno che, la tesi del quotidiano, la parola magica “Vostok Oil”, non abbia avuto un peso fondamentale. Prima dell’attacco dell’Ucraina Alexander Uss “avrebbe personalmente incontrato gli emissari di aziende come Eni, Danieli e Saipem oltre a promuovere attraverso l’Istituto per il Commercio Estero altri piani di sviluppo nella sua regione. Ma il principale alfiere dello sbarco tricolore nel futuro di Vostok Oil è sempre stato Antonio Fallico, l’arbitro delle fortune di Banca Intesa a Mosca. Ha continuato a farlo anche dopo l’inizio della guerra. Lo scorso ottobre il boss di Rosneft Sechin ha parlato subito dopo di lui al Verona Eurasian Economic Forum, davanti alla platea degli irriducibili putiniani d’Italia: ‘Lo sviluppo procede secondo i piani stabiliti. Saremo lieti di vedere tutti i nostri amici tra i partecipanti a Vostok Oil'”.
L’importanza della multinazionale Vostok Oil per l’Italia e gli intrecci internazionali
Il quotidiano Repubblica prosegue nella sua tesi. “I rapporti tra Banca Intesa e Rosneft sono stati molto profondi: nel 2016 ha partecipato alla privatizzazione del colosso energetico russo e l’anno dopo ha guidato un pool di banche che ha finanziato con 5,2 miliardi di euro l’acquisto del 19,5 per cento delle quote”. Un’operazione così importante per il Cremlino da avere convinto Putin a consegnare onorificenze di Stato ai vertici dell’istituto. “E così anomala da essere entrata nel vortice dei sospetti sul Russiagate contro Trump: nessuno da noi si è preoccupato del fatto che tutto sia avvenuto dopo l’annessione russa della Crimea.”
“Affari così importanti non possono limitarsi ad accordi tra banche o aziende: sono questioni di Stato. Come probabilmente – a sentire le parole spese dal vertice della Farnesina – è accaduto pure per il programma petrolifero siberiano. E così diventa più facile comprendere quanti amici influenti potevano interessarsi alla sorte del rampollo di Alexander Uss, a cui il padre – secondo denunce dell’opposizione russa – ha donato anche una piccola quota della stessa Vostok Oil: il passaporto per attraversare qualsiasi frontiera”.
Sulla questione Russia-Ucraina: Il capo della Wagner supplica Putin, “Fermiamoci qui”.
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