Una vita degna di un film, che forse prima o poi qualcuno girerà davvero. Giulio Lolli, imprenditore bolognese di 54 anni, è tornato in Italia attraverso la frontiera di Ciampino, detenuto a Tripoli dal 2017 per terrorismo internazionale e traffico di armi. Rimpatriato, è stato trasferito al carcere di Regina Coeli a Roma, dopo che le indagini avevano accertato come fosse stato tra i comandanti del cartello islamista denominato Majlis Shura Thuwar Benghazi, formazione jihadista controllata dall’organizzazione terrorista Ansar Al Sharia (affilata ad Al Qaeda). A organizzare il suo ritorno in patria, gli 007 dell’Aise.
Lolli, latitante in Italia per il fallimento di una società che si occupava di yacht di lusso, avrebbe utilizzato il cartello islamista per garantire alle milizie di Bengasi i rifornimenti di armi, che via mare dovevano giungere da Misurata evitando così i pericolosi trasporti via terra. Le indagini sull’imprenditore originario di Bertinoro erano iniziate dopo due controlli effettuati in acque internazionali, tra maggio e giugno 2017, al largo della Libia da parte di navi della “Operazione Sophia”. In quelle occasioni erano state ritrovate armi da guerra, inclusi lanciarazzi e mine anticarro.
Dalle indagini del Ros era emerso poi che l’imbarcazione fermata era
in origine uno yacht registrato in Italia sotto il nome di “Mephisto” poi ridenominato “El Mukhtar”. Lolli aveva effettuato analoga operazione in precedenza con un’altra imbarcazione, anche questa proveniente dall’Italia, la “Leon”, ridenominata “Buka El Areibi”. Tra i commercianti e gli uomini d’affari truffati da Lolli, anche personaggi come Flavio Carboni, condannato in primo grado nel marzo 2018 a sei anni e mezzo di reclusione per la vicenda della P3. Lolli, coinvolto nell’indagine Rimini Yacht, era fuggito nel 2010: era emersa una truffa che vedeva le barche finanziate anche due o tre volte grazie a contratti di leasing con documenti falsi.
A Flavio Carboni lo stesso Lolli faceva utilizzare una lussuosissima Aston Martin acquistata con un contratto di leasing stipulato a San Marino e poi non pagato. Con la barca che lo stesso Flavio Carboni intendeva acquistare, un Bertram 570, Lolli era fuggito prima in Tunisia, quindi a Tripoli. Nel frattempo il personale dell’Arma di Rimini e della Capitaneria di Porto, recuperavano in giro per l’Italia e all’estero, yacht (Bertram, Aicon, Azimut, Galeon), autovetture (Ferrari, Lamborghini, Maserati), orologi (Cartier, Patek Philippe), vari gioielli, quadri antichi e danaro, per un valore stimabile intorno ai trecento milioni di euro.
A Tunisi, dove godeva dei favori della famiglia del poi deposto presidente Ben Alì, aveva aperto una propria attività di import-export. Individuato grazie al movimento di una grossa somma di denaro dall’Italia verso la Tunisia, gli investigatori riminesi scoprirono che un amico di Lolli si recava periodicamente in un centro commerciale di Forlimpopoli, dove portava all’anziana madre del latitante notizie. Ad arrestarlo, nel gennaio 2001, l’Interpol nel lussuoso Hotel Rixos di Tripoli, dove alloggiava. Liberato dai ribelli, si unì a loro combattendo con un nuovo nome, per una nuova religione. Nel 2017 l’arresto da parte delle forze speciali di Al Rada.
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