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L’agghiacciante racconto di Alessia Pifferi, che ha lasciato morire di stenti la figlia Diana

Alessia Pifferi testimonia al processo per l’infanticidio della figlia Diana. È agghiacciante il racconto di Alessia Pifferi in ospedale, nel corso del processo a suo carico per l’infanticidio di sua figlia, Diana. La bambina aveva 18 mesi ed è morta di stenti perché sua madre la lasciò sola in casa per diversi giorni nel luglio 2022. La donna aveva raggiunto a Milano il suo ex compagno. Le parole della donna lasciano quadro di forte disagio. In particolare, i dettagli sulla nascita, quelli sui diversi e ripetuti abbandoni della neonata e, infine, il momento tragico della morte.
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Alessia Pifferi: la notizia choc sulla piccola Diana è appena arrivata
Alessia Pifferi e la piccola Diana

“Pensavo che il biberon le bastasse”, Alessia Pifferi testimonia al processo per l’infanticidio della figlia Diana

Quasi da non credere le sue parole: “Pensavo che il biberon le bastasse”. Alessia Pifferi testimonia al processo per l’infanticidio della figlia Diana. La testimonianza della donna è stata riportata da Repubblica. Alessia Pifferi non sapeva di essere incinta: “Mia figlia nasce all’improvviso a casa del signor D’Ambrosio Mario a Leffe, il 29 gennaio del 2021.All’improvviso perché non sapevo di essere incinta. Ho incominciato ad avere dei dolori la sera prima al basso ventre, ho pensato a un’infiammazione del nervo sciatico non avendo sintomi della gravidanza. Al pomeriggio dell’indomani, alle 14, è nata nel bagno di casa la bambina. Ero da sola in quegli attimi”.
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La volta in cui Diana è morta non è stata la prima in cui la neonata veniva lasciata da sola. Alla domanda del Pm: “Rischia di non sopravvivere una bambina se non mangia o non beve?” Ha risposto “non lo so” ed ha specificato di aver creduto che un biberon sarebbe bastato durante la sua assenza: “Io mi preoccupavo per mia figlia, pensavo che il biberon che le avevo lasciato bastasse (…) Le chiedo di non sgridarmi, per favore. Pensavo che quello che avevo lasciato bastasse”.

L’ipotesi del deficit cognitivo

Come già anticipato dalla sua legale, che racconta di una donna che vive in una sorta di sogno adolescenziale, anche le risposte di Pifferi ai giudici sembrano supportare l’ipotesi del deficit cognitivo. Ma sarà la giuria a stabilire se si tratta o meno di mera strategia. Intanto, Alessia prosegue il racconto del ritrovamento della bambina. “Quando sono tornata a casa ho trovato mia figlia nel lettino, sono andata subito da lei, l’ho accarezzata e ho visto che non si muoveva. E ho capito che c’era qualcosa che non andava, non giocava come le altre volte. Ho tentato di rianimarla, le ho fatto il massaggio cardiaco, l’ho presa in braccio, le ho dato qualche pacchetta sulla schiena, l’ho portata in bagno e ho provato a bagnarle i piedini, le manine, il viso e la testa. Poi l’ho rimessa nel lettino, le ho spruzzato acqua in bocca ma non si riprendeva. Sono corsa a chiamare una vicina di casa. Mi sono messa a piangere, ero nel panico”.

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