C’è un esercito di poveri in attesa che non sembra trovare risposte e le cui storie si connotano per un’allarmante cronicizzazione e multidimensionalità dei bisogni. Questo è quello che emerge dal rapporto 2018 della Caritas su povertà e politiche di contrasto. L’organizzazione denuncia che in Italia, il numero dei poveri assoluti continua ad aumentare e supera i 5 milioni. Dagli anni pre-crisi ad oggi il numero dei poveri è aumentato del 182%, un dato che dà il senso dello stravolgimento avvenuto per effetto della recessione economica. I poveri assoluti, che sono quelle persone che non riescono a raggiungere uno standard di vita dignitosa, è passato da 4 milioni 700 mila del 2016 a 5 milioni e 58mila del 2017, nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale.
In Italia il numero dei poveri assoluti, cioè le persone che non riescono a raggiungere uno standard di vita dignitoso, continua ad aumentare, passando da 4 milioni 700mila del 2016 a 5 milioni 58mila del 2017, nonostante i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale. E’ quanto emerge dal rapporto Caritas Italiana 2018 su povertà e politiche di contrasto che è stato presentato oggi. Dagli anni pre crisi ad oggi, rileva il rapporto, il numero di poveri è aumentato del 182%, un dato che dà il senso dello stravolgimento avvenuto per effetto della recessione economica.
Nel 2017 sono 197.332 le persone che si sono rivolte ad un centro Caritas; il 42,2% di nazionalità italiana. Le storie di povertà intercettate nei Centri di ascolto risultano più complesse, croniche e multidimensionali, si legge nel Rapporto 2018. Il 42,6% delle persone incontrate da Caritas nel 2017 sono nuovi utenti ma “in aumento la quota, piuttosto alta – si sottolinea nel dossier – di chi vive situazioni di fragilità da 5 anni e più (22,6%)”. Nel 2017 si evidenzia l’incremento, nelle persone che si sono rivolte alla Caritas sul territorio, delle persone senza dimora e delle storie connotate da un minor capitale relazionale (famiglie uni-personali); “il fatto che ancora oggi la rottura dei legami familiari possa costituire un fattore scatenante nell’entrata in uno stato di povertà e di bisogno”.Un dato che colpisce sul Rapporto, è che secondo la Caritas, uno dei fattori che più influiscono sulla condizione di povertà è l’istruzione. Dal 2016 al 2017 si aggravano le condizioni delle famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare (passando dal 8,2% al 10,7%). Al contrario i nuclei dove il capofamiglia ha almeno un titolo di scuola superiore registrano valori di incidenza della povertà molto più contenuti (3,6%). Una “povertà educativa” quindi, che a sua volta favorisce la trasmissione intergenerazionale della povertà economica. L’Italia ha fatto dei passi in avanti ma, per fare un esempio, si colloca ancora al penultimo posto in Europa per presenza di laureati, solo prima della Romania. Il 14% dei ragazzi in Italia abbandona precocemente gli studi.
Per quanto riguarda la cittadinanza, la povertà assoluta si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di soli italiani (5,1%), sebbene in leggero aumento rispetto allo scorso anno, mentre si attesta su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri (29,2%). Lo svantaggio degli immigrati non costituisce un elemento di novità e nel 2017 sembra rafforzarsi ulteriormente. Volendo semplificare, tra i nostri connazionali risulta povera una famiglia su venti, tra gli stranieri quasi una su tre.
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