L’Inghilterra non imiterà l’Italia nell’adozione di misure per limitare la diffusione del coronavirus. L’annuncio è arrivato nelle scorse ore dal premier britannico Boris Johnson ma la notizia spaventa non poco i cittadini inglesi, divisi sulle decisioni del capo del governo. A lanciare l’allarme in queste ore è stato il professor John Ashton, ex direttore del Public Health England, agenzia del Dipartimento della Sanità del Regno Unito.
“Siamo in ritardo di un mese. Il governo ha un atteggiamento compiaciuto nei confronti del Coronavirus, avrebbe dovuto prendere molto tempo fa” ha spiegato England, che ha descritto con toni allarmistici, rilanciati dalla rivista scientifica Lancet, il protocollo di scarsa sicurezza che sta seguendo il Paese. Aggiungendo: “Se il virus dovrebbe diffondersi sul nostro territorio ci faremmo trovare impreparati, visto che non disponiamo di abbastanza posti letto”. Il governo al momento ha stanziato 12 miliardi di sterline per l’emergenza, ma non ha imposto misure di sicurezza per vietare gli assembramenti, gli eventi, compreso il calcio. Il tutto nonostante siano risultati positivi al Covid-19 diversi giocatori, e i loro club siano in quarantena. Finora, nel Regno Unito ci sono stati 590 contagiati e 10 morti. Il “numero reale dei contagiati, contando gli asintomatici, potrebbe essere, però tra 5 e 10 mila” ha spiegato sir Patrick Vallance, consigliere scientifico del premier. La paura dei cittadini è che quella che sta per esplodere sia una vera e propria bomba.
“I politici e i governi nel mondo sono molto sotto pressione perché si chiede loro di agire, così a volte fanno cose che non sono necessariamente dettate dalla scienza” aveva detto Boris Johnson durante un incontro a Downing Street con Jenny Harries, numero due della Sanità del Regno Unito. La Harries, da parte sua, ha sottolineato come la ricerca scientifica non abbia dimostrato la necessità di proibire gli eventi pubblici: “In generale, questo tipo di eventi e grandi raduni non sono un qualcosa che avrà grandi effetti, per cui non vogliamo mettere a soqquadro la vita delle persone”.
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