Giorni terribili in mare, quelli che hanno visto 117 persone perdere la vita nel Mediterraneo, impegnate in viaggi della speranza conclusi nel peggiore dei modi. Una tragedia raccontata dalla guardia costiera libica, che ha detto di non avere “i mezzi sufficienti per poter effettuare operazioni di soccorso in ogni situazione”. A difendersi è stato il portavoce della Guardia costiera di Tripoli, l’ammiraglio Ayoub Qassem, che a spiegato all’Agi: “Abbiamo compiuto il nostro dovere con professionalità, inviando sul luogo della segnalazione una motovedetta appena scattato l’allarme, ma il nostro mezzo ha avuto un’avaria ed è dovuto rientrare. Era troppo distante, le autorità italiane sono a conoscenza delle nostre possibilità”.
L’ammiraglio Qassem, che elogia “l’intervento umanitario dell’Italia”, ha chiesto “maggiori aiuti da parte dell’Ue e del governo di Tripoli” per poter essere in grado di operare in mare. “Servono imbarcazioni veloci, quelle che abbiamo ora sono vetuste, hanno bisogno di continua manutenzione”. A questo si aggiunge la “carenza di carburanti e di rifornimenti”.
“Siamo in costante contatto con il coordinamento dei soccorsi italiano e il nostro personale è addestrato, c’è una forte collaborazione tra le parti, quello che serve sono i mezzi”, ci tiene a sottolineare Qassem ricordando “le migliaia di persone soccorse dai libici nel Mediterraneo da quando ha ripreso a operare la guardia libica”. Tra questi, ci sono quelli che recuperati nelle ultime ore.
Al netto dei rapporti, definiti ottimi, con l’Italia, resta il problema dei mezzi a disposizione della Libia, non in grado di intervenire efficacemente. Tra questi anche le navi donate dal nostro Paese, ormai con diversi anni alle spalle e che necessitano manutenzione. Quelle nuove, promesse da Salvini, al momento non sono state ancora consegnate. In questa situazione, affidare alle autorità libiche il compito di salvare persone in mare significa
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