Nel 2006 aveva aiutato Piergiorgio Welby a morire. Oggi Mario Riccio, anestesista e rianimatore, è impegnato ogni giorno all’ospedale di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, nel tentativo di contrastare la diffusione del coronavirus. Una situazione difficile, che lo mette alla prova ogni giorno. “La situazione è ancora molto pesante, sembra che gli ingressi in pronto soccorso si stiano riducendo, però abbiamo tanti pazienti in ospedale positivi al Covid-19 che peggiorano”.
“Non possiamo essere sicuri che il paziente intubato sopravviverà, ma dobbiamo comunque scegliere. Siamo in un campo di battaglia: alcuni soldati vengono abbandonati, sedati sul campo e lasciati morire. Questo è il nostro panorama. Sappiamo che alcuni pazienti non ce la faranno, e quindi non li intubiamo. Questa è una realtà molto dura che noi anestesisti abbiamo sempre vissuto, almeno da un punto di vista qualitativo. La novità che il coronavirus ha portato invece è dal punto di vista quantitativo: non ci siamo mai trovati a dover fare queste scelte così di frequente e in un tempo così limitato”.“La medicina è cambiata con la vicenda Covid, è un sistema valoriale, non solo tecnico, in cui bisogna fare delle scelte etiche. Fino all’altro giorno non è che avessimo posti letto in abbondanza, ma potevamo prendere sia il paziente che sapevamo ce l’avrebbe fatta, sia quello che sapevamo non ce l’avrebbe fatta. Oggi non possiamo più farlo. Abbiamo raddoppiato i posti letto di terapia intensiva in Lombardia: da 750 siamo a 1400 circa. Eppure non sono ancora sufficienti. La medicina non sarà mai più come prima. Molti dottori hanno scoperto che non è solo la capacità di fare diagnosi e dare terapie a fare un buon medico, ma anche le scelte etiche. Molti si trovano impreparati”.
L’Italia aveva già i respiratori per gli ospedali, ma se n’è accorta tardi