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L’appello di Saviano: “Non possiamo abbandonare i curdi al loro destino”

Un appello lanciato attraverso le pagine di Repubblica per dire basta alle violenze in atto sul territorio siriano. Firmato da Roberto Saviano, che ha sintetizzato con triste efficacia quanto sta andando in scena sotto gli occhi di un mondo che resta fermo a guardare: “In Turchia la parola guerra è vietata: Erdogan e i suoi seguaci hanno attaccato i civili curdi ma hanno chiamato l’invasione militare ‘operazione’: anzi, Operazione Fonte di Pace,
con uno sfacciato disprezzo della verità”.

“Chi parla di guerra dunque è un traditore. Per le poche voci libere in Turchia ci sono ritorsioni atroci, carcere, diffamazione, morte civile. Non è permessa alcuna dissidenza. Il massacro dei curdi, la cancellazione della loro indipendenza, dei loro diritti, dei loro sogni, è presentata da Erdogan come una necessità vitale per il popolo turco. Ecco, contro tutto questo, contro il racconto falso della realtà l’Europa deve essere unita, forte e coesa. Non possiamo abbandonare i curdi al loro destino. Dopo il tradimento di Trump, l’Europa è l’unico argine possibile per il presente e il futuro”.“La causa curda ci riguarda perché le guerre si combattono con armi fabbricate e vendute da noi (tardiva anche se necessaria la presa di posizione dei ministri contro la vendita delle armi), ci riguarda perché i curdi sono stati gli unici in grado di fermare l’avanzata di Isis, ci riguarda perché la Turchia riceve soldi dall’Europa per fermare i migranti siriani”.“Tutto questo ci riguarda perché l’Europa, che qualcuno vorrebbe distruggere, deve dimostrare di esistere come entità politica, territoriale, economica e soprattutto culturale. Un luogo in cui la democrazia esiste e, per quanto in pericolo, resiste”.

L’appello dello scrittore è stato già firmato da intellettuali e Premi Nobel: Svetlana Aleksievic, Fernando Aramburu, Marc Augé, Martin Caparros, Annie Ernaux, Elena Ferrante ,Bernard-Henry Levy, Hanif Kureishi, Herta Mueller, Salman Rushdie, Luis Sepúlveda, Mario Vargas Llosa.

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