C’è qualcosa di strano in quello che sta succedendo in questi giorni. Con una parte del mondo impegnata, non senza qualche faciloneria per carità, a battersi contro i cambiamenti climatici e l’altra metà in guerra, invece, contro una ragazzina di 16 anni, Greta Thunberg. Accusata di essere ignorante, retorica, manovrata da chissà chi. Colpita puntualmente da giornali (il Foglio, il Giornale e Libero Quotidiano sono due ottimi esempi) che le imputano, oltre a qualche accusa gratuita, di non portare dati scientifici a conferma delle sue teorie.
Strano, però, che i direttori di queste testate dimentichino con estrema facilità di sottolineare gli appelli continui di scienziati da ogni parte del mondo, tutti concordi nel ritenere che dietro il riscaldamento globale ci sia la mano dell’uomo, che ne ha quanto meno accelerato i ritmi. Un allarme che l’
Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) aveva lanciato già nel 2001. Da allora, sono stati raccolti dati che hanno ulteriormente confermato questa ipotesi.C’è un bizzarro documento che gira in rete: lo firmano 500 scienziati secondo i quali, semplicemente, Greta si sbaglia. Ok. Peccato che, a guardar bene, molti di questi studiosi non siano climatologi, in tanti non hanno mai prodotto un solo scritto sull’argomento. Una prassi che si diffonde a macchia d’olio: il Giornale ha pubblicato in questo senso delle dichiarazioni di Antonino Zichichi, fisico ma non climatologo. Che invita Greta a studiare di più ma non punta certo il dito contro colleghi più illustri e con alle spalle studi più inerenti all’argomento trattato.
I famosi 500 scienziati, alcuni neanche classificabili davvero come “scienziati” in realtà, non sono soltanto contro Greta, ma contro la quasi totalità della comunità scientifica. Quella che sottolinea da tempo come la CO2, l’anidride carbonica emessa dalle attività umane, sia la causa principale del riscaldamento globale. Che poi, a guardar bene, molti di loro si dicono preoccupati anche dai fenomeni migratori. Ignorando che a creare certi fenomeni sono legati anche ai cambiamenti climatici che rendono meno abitabili alcune zone del mondo.
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