Sembra che in Italia si sia diffusa la convinzione, anche sulla base di dati reali, che le lauree umanistiche non servono a niente, sia da parte di chi il lavoro lo offre, sia di chi lo cerca. Un dibattito che va avanti da tempo ma è la dimostrazione di quanto sia paradossale che proprio in Italia, patria delle humanities, la cultura classica e umanistica sia ghettizzata e considerata sostanzialmente inutile. Spesso si sente dire:“Ti sei laureato in lettere, che cosa ti aspetti?” Eppure in altri paesi esteri come la Gran Bretagna, è vero il contrario: non importa cosa hai fatto in teoria, importa cosa hai dimostrato di poter fare nella pratica. E se hai seguito buoni studi umanistici, in cui ti sei distinto con profitto, puoi intraprendere qualsiasi carriera: non ci sono preclusioni.
Ad avvalorare questa tesi, basta spostarsi dagli studi umanistici a quelli di giurisprudenza: la metà degli avvocati inglesi infatti non ha fatto legge, ma hanno solo seguito un corso di specializzazione dopo essersi laureati magari in storia o in lettere. In sostanza, se in Italia si superasse il pregiudizio verso gli studi umanistici prendendo spunto da Londra, si metterebbero in circolo talenti che non farebbero altro che giovare all’economia e alla società, anche perché nessuna laurea merita di essere classificata come unitile.
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